Ernesta Bittanti Battisti: differenze tra le versioni

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Alla fine della guerra la famiglia Battisti fa ritorno a Trento dove il figlio [[Luigi Battisti|Gigino]] diviene il primo sindaco socialista di Trento, prima di morire nel [[1946]] in un incidente ferroviario.
Alla fine della guerra la famiglia Battisti fa ritorno a Trento dove il figlio [[Luigi Battisti|Gigino]] diviene il primo sindaco socialista di Trento, prima di morire nel [[1946]] in un incidente ferroviario.


Ernesta Bittanti continua le sue battaglie politiche e culturali nel dopoguerra, riallacciando i rapporti con i vecchi amici ritrovati, in particolare [[Gaetano Salvemini]] e pubblicando una lunga serie di articoli di letteratura, storia e pedagogia. Tra l'altro si dedica alla questione autonomistica [[Provincia autonoma di Bolzano|altoatesina]]<ref name=":0" /> che rimarrà ferita aperta fino ai primi anni '70.
Ernesta Bittanti continua le sue battaglie politiche e culturali nel dopoguerra, riallacciando i rapporti con i vecchi amici ritrovati, in particolare [[Gaetano Salvemini]] e pubblicando una lunga serie di articoli di letteratura, storia e pedagogia. Tra l'altro si dedica alla questione autonomistica [[Provincia autonoma di Bolzano|altoatesina]]<ref name=":0" />.


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Ernesta Bittanti Battisti

Ernesta Bittanti Battisti (Brescia, 5 maggio 1871Trento, 5 ottobre 1957) è stata un'insegnante, scrittrice e giornalista italiana, moglie dell'irredentista Cesare Battisti.

Biografia

Nata a Brescia, vive quindi con la famiglia a Cremona e Cagliari. Figlia di un preside, nel 1882 è a Cagliari la prima bambina iscritta al ginnasio-liceo statale.[1] Nel 1890 si trasferisce a Firenze alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze, dove entra in contatto con giovani intellettuali come Gaetano Salvemini, Ugo Guido e Rodolfo Mondolfo, Alfredo Galletti, Assunto Mori e Cesare Battisti. Quando si laurea nel 1896, è una delle prime donne italiane a conseguire questo risultato.[2]. Si dedica all'insegnamento come docente di materie letterarie al liceo ginnasio G. Galilei di Firenze ma nel 1898 è radiata da tutte le scuole del Regno per la sua attività politica con il Partito socialista.

Il 7 agosto 1899 sposa civilmente a Firenze in Palazzo Vecchio Cesare Battisti[3], con il quale condivide l'orientamento politico socialista, laicista e anticlericale. Con il marito si trasferisce a Trento, dove dal 1900 al 1914 la coppia gestisce la pubblicazione del quotidiano socialista Il Popolo, che si caratterizza non solo per l'analisi politica ma per le sue campagne su temi sociali come il divorzio e l'abolizione della pena di morte. Ernesta vi collabora come giornalista così come sul periodico Vita Trentina, supplemento de Il Popolo. Nel 1901, 1907 e 1910 nascono i tre figli: Luigi (detto Gigino), Camillo e Livia. Nel 1908 parte per Messina, duramente colpita dal terremoto, per prestare soccorso ai feriti. L'impraticabilità di strade e ferrovie la costringono però a tornare indietro, prima a Roma e poi a Napoli dove svolge l'attività di infermiera e corrispondente per il suo giornale, nel quale denuncia il cattivo funzionamento dei soccorsi nel capoluogo siciliano[4]. Nel 1911 scrive il testo dell'Inno al Trentino, musicato da Guglielmo Bussoli. [5][6] Nel 1916 il marito, cittadino dell'Impero austro-ungarico che combatteva dalla parte dell'Italia, viene catturato dagli austriaci sul Monte Corno di Vallarsa. Fu condannato a morte per alto tradimento e giustiziato. Ernesta Bittanti Battisti si occupa quindi di raccoglierne gli scritti politici, la cui pubblicazione vedrà la luce presso l'editore Le Monnier nel 1923.

Ernesta Bittanti era contraria al fascismo. Questo portò al raffreddamento dei rapporti con Benito Mussolini, amico dei coniugi Battisti sin dai primi anni del '900, quando collaborava come giornalista per Il Popolo redigendo articoli di vario argomento. I dissapori raggiunsero il loro apice in una lettera di Ernesta a Mussolini datata 1923:

«Non so quanti rappresentanti del popolo italiano che voi schiaffeggiate col vostro disprezzo, non so quanti e come abbiano misurato il fallimento e lo schianto. Ma ebbero brivido sotto terra i costruttori di questa Italia, pensatori, martiri e soldati di un secolo intero.... Alla Storia non si dettano leggi; ma essa Vi ha scelto espressione di un terribile destino: quello di reggere, di sorreggere forse l'Italia incatenandola ed umiliando il suo spirito vitale! Dove ci avviamo? O, meglio, dove ci conducete?»

Il 22 giugno 1924, dopo l'omicidio di Giacomo Matteotti, quando seppe che i fascisti di Trento intendevano recarsi al Castello del Buonconsiglio per un'adunata, vi si reca per coprire con un velo nero il monumento al marito. Il 24 giugno il quotidiano Il Nuovo Trentino cita l'accaduto:

«Era convinzione generale che il corteo fascista, seguendo l'itinerario via San Marco Port'Aquila, si sarebbe recato alla Fossa del Castello a rendere omaggio ai cippi dei Martiri. Verso le quattro pomeridiane di domenica, la vedova Battisti si recava alla Fossa e, visibilmente commossa (qualcuno l'ha vista piangere) si è inginocchiata presso il cippo del Marito e l'ha coperto con un drappo nero. Persona che l'ha avvicinata ieri, ci diceva che la vedova di Cesare Battisti, rimasta accasciatissima e indignatissima per l'assassinio dell'on. Matteotti, s'era proposta di non permettere assolutamente - anche a costo della vita - che i fascisti si accostassero al cippo del Martire trentino.»

Nel 1930 si trasferisce a Milano. La sua opposizione alle leggi razziali fasciste del 1938 è assoluta; in aperto atto di sfida il 19 febbraio 1939 fa pubblicare sul Corriere della Sera un necrologio dell'amico ebreo Augusto Morpurgo.[8] Dopo l'8 settembre 1943 si rifugia con i figli a Lugano in Svizzera: lì si adopera per l'accoglienza dei rifugiati ebrei dall'Italia e collabora con i partigiani della val d'Ossola, con i quali combatte anche suo figlio Gigino.

Alla fine della guerra la famiglia Battisti fa ritorno a Trento dove il figlio Gigino diviene il primo sindaco socialista di Trento, prima di morire nel 1946 in un incidente ferroviario.

Ernesta Bittanti continua le sue battaglie politiche e culturali nel dopoguerra, riallacciando i rapporti con i vecchi amici ritrovati, in particolare Gaetano Salvemini e pubblicando una lunga serie di articoli di letteratura, storia e pedagogia. Tra l'altro si dedica alla questione autonomistica altoatesina[9].

Muore a Trento nel 1957 a 86 anni. Ferruccio Parri detta la sua epigrafe:[9]

«Custode fiera fedele della memoria dell'eroe
combattente animosa irriducibile di tutte le battaglie della libertà»

Opere

  • (a cura di Ernesta Bittanti Battisti) Cesare Battisti, Scritti politici - Edizione nazionale, Firenze, Le Monnier, 1923.
  • Cesare Battisti nel pensiero degli italiani, Trento, Legione Trentina, 1938.
  • Con Cesare Battisti attraverso l'Italia: agosto 1914-maggio 1915, Milano, Garzanti, 1945.
  • Italianità di De Gasperi: lettera aperta all'on. Meda, Firenze, Parenti, 1957.

Note

  1. ^ Anna Vittorio in FemBio
  2. ^ Le donne nell'Università di Firenze
  3. ^ La sorella di Ernesta, Irene, sposerà Giovanni Battista Trener, per anni collaboratore di Cesare.
  4. ^ Lina Anzalone, Ernesta Bittanti Battisti, l'ultima donna del Risorgimento italiano, Reggio Calabria: Città del Sole Edizioni, 2011
  5. ^ Scheda su Inno al Trentino, su museosanmichele.it, Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina. URL consultato il 20 dicembre 2016.
  6. ^ Ernesta Bittani, Inno al Trentino : canto e pianoforte / musica di Guglielmo Bussoli ; su parole di G.B. Cesari, Trento, Gottardi, 1911.
  7. ^ Vincenzo Calì (a cura di) Salvemini e i Battisti. Carteggio 1894-1957, Trento: TEMI, 1987.
  8. ^ Alberto Petrucciani, Un bibliotecario giramondo e la damnatio memoriae: Guglielmo Passigli (1877-1942), su aib.it, Associazione italiana biblioteche, 2004. URL consultato il 6-11-2008.
  9. ^ a b Alessandro Galante Garrone, Ernesta Bittanti Battisti, su societaaperta.it, Società Aperta. URL consultato il 12/11/2008 (archiviato dall'url originale il 14 dicembre 2007).

Voci correlate

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