[go: nahoru, domu]

La guerra santa parallela tra Russia e Ucraina

mercoledì 23 febbraio 2022

Il Patriarca di tutte le Russie Kirill con il presidente Putin in occasione della Pasqua del 2016

Nella seconda metà di febbraio le tensioni tra Russia e Ucraina sono degenerate con il riconoscimento delle repubbliche separatiste da parte del presidente Vladimir Putin. Un conflitto con radici antiche e che si protrae da anni sotto diverse forme, a partire dall'annessione unilaterale della Crimea.

Ciò che può sfuggire all'opinione pubblica dell'Europa occidentale è che, in parallelo al fronte temporale e secolare - per usare una terminologia medioevale - da anni si sta combattendo una guerra sul fronte ecclesiastico tra Russia e Ucraina, con Costantinopoli nel mezzo, che sta dilaniando la Chiesa ortodossa. Il fatto non è casuale, perché l'agenda politica della Russia post-sovietica si riflette sulle gerarchie ecclesiastiche e già c'erano tutti i segnali di ciò che sarebbe avvenuto in questi giorni.

Premesse storiche

modifica

La Chiesa ortodossa è tipicamente organizzata in patriarcati e chiese indipendenti in comunione tra loro. Secondo gli antichi canoni, Roma e Costantinopoli erano le sedi più importanti. Dopo lo scisma con l'attuale Chiesa cattolica, la nuova capitale dell'Impero romano d'oriente era assurta a un primato onorifico e, de facto, non solo. Dopo la conquista musulmana e la caduta dell'Impero, la crescente potenza russa iniziò ad avanzare la pretesa di essere la "terza Roma" e di poter guidare il mondo dell'ortodossia, contando sulla numerosità dei fedeli e sull'autorevolezza sacrale della dinastia degli zar. Questa rivalità è andata avanti per secoli, tra alti e bassi, tra tensioni covate e scismi dichiarati. Il punto di rottura più grave si è consumato in anni recenti e l'oggetto della discordia è stato proprio l'Ucraina.

Scisma del 2018

modifica
 
Il patriarca ecumenico Bartolomeo (a destra) con il patriarca dell'Ucraina Epifanio (a sinistra) a Kiev nel 2021

Già da tempo la comunità ortodossa ucraina era spaccata in tre entità, a seconda che fossero fedeli a Costantinopoli, a Mosca o che dichiassero la propria totale autonomia. Dopo un lungo lavoro diplomatico, con l'appoggio e il benestare delle forze politiche del Paese, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I è riuscito a ricomporre due delle tre comunità, riconoscendo l'esistenza di un Patriarcato autocefalo (indipendente) per l'Ucraina. Aveva operato in tal senso sulla base di precedenti in cui è spettato alla Chiesa di Costantinopoli, come “prima tra pari”, come “Chiesa madre”, riconoscere l'indipendenza di altre Chiese ortodosse.

Questa mossa è stata registrata come una gravissima invasione di campo da parte della Chiesa ortodossa russa. È ancora in corso il dibattito di diritto canonico se il patriarca di Costantinopoli avesse le prerogative o meno per portare avanti il progetto. Ciò che rimane sono gli effetti della posizione di Mosca, secondo cui 1) il patriarca ecumenico non vanta alcun diritto di questo tipo, perché il suo primato è meramente onorifico 2) la Chiesa ucraina è una questione russa, in quanto la sede originaria della Chiesa era Kiev, allo stesso modo in cui la geografia politica locale è cambiata nel corso dei secoli; la Chiesa ucraina è madre e figlia allo stesso tempo della Chiesa russa. Un'argomentazione molto simile a ciò che avrebbe dichiarato Putin nel suo discorso alla nazione del 21 febbraio 2022.

In reazione il nome di Bartolomeo I è stato epurato dalle commemorazioni che, secondo le consuetudini liturgiche, vengono fatte per sancire la comunione reciproca tra Chiese - similmente al momento della messa cattolica in cui vengono ricordati il vescovo locale e il Papa. Man mano che la nuova Chiesa ortodossa ucraina è stata riconosciuta, in modo diretto o indiretto, da altre Chiese ortodosse, nuove damnatio memoriae sono seguite.

 
Il Patriarca di Alessandria e di tutta l'Africa Teodoro II incontrava Vladimir Putin nel 2015, in tempi non sospetti

I passaggi più critici, però, si sono consumati in tempi più recenti. La situazione è infatti degenerata quando si è palesato il contrasto con lo storico Patriarcato di Alessandria d'Egitto. Mosca si è mobilitata per aprire contatti con numerosi preti locali dissidenti, fino alla creazione di un Esarcato russo per l'Africa, una mossa senza precedenti nella storia recente dell'ortodossia. Indiscrezioni puntano molto anche alla creazione di un Esarcato per la Turchia, giurisdizione principale del Patriarca ecumenico. Una ritorsione e un'acquisizione ostile - per scimmiottare termini finanziari - sulla leadership del mondo ortodosso.

Il patriarca Bartolomeo I continua a negare la sussistenza di uno scisma, derubricando tutto a un'estemporanea crisi, e si limita a ricordare come il filetismo, la dottrina che lega a doppio filo le Chiese ortodosse al nazionalismo, sia stata condannata da tempo dai Concili.

La realtà è che la Chiesa russa è in guerra per invadere tutta l'ortodossia e riprendersi, nel contempo, la Chiesa ucraina. Dove, nel frattempo, si coagulano ulteriori resistenze attorno alle vecchie gerarchie e alle frange tradizionaliste.

Bartolomeo si appellava alla pace in Ucraina lo scorso 13 febbraio. Dinanzi allo scontro militare in atto e in potenza, i patriarchi mantengono un basso profilo, concentrati a condannare le ingerenze di Mosca nelle proprie giurisdizioni storiche. Qualche esponente si smarca in maniera incongrua, come il vescovo Neofito, metropolita di Morfou, che si è spinto a dire che la guerra in Ucraina è necessaria per fare pulizia del peccato nel mondo e per evitare il proliferare di "figli del Diavolo" («devil children»). Parole che si commentano da sole.