[go: nahoru, domu]

Il retrocomputing (termine inglese, da retro, "rétro", e computing, "uso del computer") o più raramente la retroinformatica[1] è un'attività che consiste nel recuperare e rimettere in funzione computer di vecchie generazioni e utilizzarli nuovamente per scopi storico-culturali e hobbistici[2]. Si differenzia dal trashware, che consiste sempre nel ripristinare computer datati, ma per scopi pratici ed economici. Il retrocomputing può consistere anche nel riprodurre fedelmente le funzioni di hardware e software obsoleti tramite l'emulazione su sistemi moderni, senza ripristinare fisicamente i sistemi originali[3]. Spesso queste opere di riproduzione, prive di utilità pratica, hanno valore come esercizi di hacking[3].

Alcuni home computer della Commodore in una collezione nel 2007, più di un decennio dopo la loro dismissione commerciale.

Un precoce esempio di retrocomputing, forse a suo tempo l'applicativo più diffuso del genere, è un programma per Unix V7 (1979), e altre versioni storiche, che serviva a convertire un testo in una sequenza di codice per schede perforate[3].

Ci sono diversi filoni che dividono gli appassionati di retrocomputing, a seconda del tipo di computer collezionati: chi ad esempio ama collezionare home computer anni 1980 (Commodore 64, ZX Spectrum, Atari 8-bit, Amiga, Atari ST, Amstrad CPC, MSX), chi i vari PC IBM compatibili, chi le workstation utilizzate come server nelle sale macchine e nei grossi centri elaborazione dati.

Associato strettamente al retrocomputing è il retrogaming, che si applica alla raccolta di videogiochi storici e al recupero di console.

  1. ^ Es. in: Spectrumpedia (JPG), in Game Republic, n. 144, Play Media Company, novembre 2012, p. 11, ISSN 1129-0455 (WC · ACNP).
  2. ^ Retrocomputing, in Grande Dizionario di Italiano, Garzanti Linguistica.
  3. ^ a b c FOLDOC.

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