Aristotele: differenze tra le versioni
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|PreData = {{lang-grc|Ἀριστοτέλης|Aristotélēs}}, [[Fonologia della lingua greca antica|pronuncia]]: {{IPA|[aristo'telɛːs]}}
|Sesso = M
|LuogoNascita =
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = [[384 a.C.]] o [[383 a.C.]]
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=== Abbandono dell'Accademia ===
[[File:Aristotle tutoring Alexander by J L G Ferris 1895.jpg|thumb|Aristotele precettore di [[Alessandro Magno]]]]
Il secondo periodo ha inizio quando nel [[347 a.C.]] muore Platone e alla direzione dell'Accademia, più per motivi economici che per meriti riconosciuti, viene chiamato [[Speusippo]], nipote del grande filosofo ateniese. Aristotele, che evidentemente doveva ritenersi più degno del prescelto, lascia la scuola insieme
Nel [[344 a.C.]], su invito dello stesso Teofrasto, Aristotele va a [[Mitilene]], sull'isola di [[Lesbo]], dove fonda un'altra scuola, anch'essa battezzata come la sola aderente ai canoni platonici. Vi insegna fino al [[342 a.C.|342]], anno in cui è chiamato a Pella, in [[Regno di Macedonia|Macedonia]] dal re [[Filippo II di Macedonia|Filippo II]] perché faccia da precettore al figlio [[Alessandro Magno]]. Aristotele svolgerà questo incarico per circa tre anni, fino a quando Alessandro non sarà chiamato a partecipare alle spedizioni militari del padre. Non sappiamo molto dell'educazione che Aristotele impartisce ad Alessandro ma si suppone che le lezioni si basassero prevalentemente sui fondamenti della cultura greca (a partire da [[Omero]]) facendo così di Alessandro un uomo greco per gli ideali trasmessigli, ma anche soprattutto sulla politica, dato il destino che attendeva Alessandro. È inoltre possibile che durante questo incarico Aristotele abbia concepito il progetto di una grande raccolta di [[Costituzioni (Aristotele)|Costituzioni]].<ref>''Enciclopedia italiana Treccani, ibidem''</ref>
=== La fondazione del Peripato ===
Il terzo periodo inizia quando nel [[340 a.C.]] Alessandro diviene reggente del regno di Macedonia, cominciando anche ad avvicinarsi alla cultura orientale. Il suo maestro Aristotele, che è intanto rimasto vedovo e convive con la giovane [[Erpillide]] da cui ha avuto il figlio [[Nicomaco (filosofo)|Nicomaco]],<ref>Non risulta chiaro se Erpillide sia stata semplicemente una compagna oppure la seconda moglie di Aristotele, dopo la morte di Pizia: cfr. Enrico Berti, ''Guida ad Aristotele'', Laterza, Roma-Bari 1997, p. 11.</ref> negli ultimi anni della sua vita torna forse a [[Stagira]] e, intorno al [[335 a.C.]], si trasferisce ad [[Atene]], dove in un pubblico [[ginnasio]], detto ''Liceo'' perché sacro ad [[Apollo]] Licio, fonda una sua famosissima e celebrata scuola, chiamata [[Peripato]] (dal [[lingua greca antica|greco]] Περίπατος, «la Passeggiata»; da περιπατέω «passeggiare», composto di περι «intorno» e πατέω «camminare») nome che indicava quella parte del giardino con un colonnato coperto dove il maestro e i suoi discepoli camminavano discutendo.<ref>''Vocabolario Treccani'' alla voce "Peripato"</ref><ref>Rebecca Solnit, ''Storia del camminare'', Pearson Italia S.p.a., 2005, p. 16.</ref>
Riguardo alla scuola abbiamo notizie vaghe; comunque sappiamo per certo che gli alunni erano chiamati per dieci giorni a dirigere la scuola in prima persona: Aristotele ci teneva a istruire i suoi allievi a questo ruolo. Inoltre i pasti venivano consumati in comune secondo un'usanza dei [[pitagorici]] e ogni mese si organizzava un [[simposio]] filosofico con giudizio (''iudicio'') guidato dalla saggezza del maestro. Le lezioni si svolgevano di mattina; di pomeriggio e di sera invece Aristotele teneva, sempre nella scuola, delle conferenze aperte al pubblico; le materie erano appunto di interesse pubblico quindi [[politica]] e [[retorica]], ad esempio, ma non materie astratte come la [[metafisica]] e la [[logica]].
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Oggi gli studiosi non concordano con queste ipotesi, le quali seppure opposte possono ambedue risultare verosimili.
Come nota infatti [[Pierre Pellegrin]], delle pubblicazioni di Aristotele non abbiamo alcuna notizia. Non sappiamo in alcun modo la loro originaria edizione, collocazione, datazione, possiamo solo congetturare in modo assolutamente incerto alcune supposizioni. Questi dubbi nascono dalla storia della biblioteca di Aristotele studiata dal filologo belga [[Paul Moraux]].<ref>P. Moraux, ''Der Aristotelismus bei den Griechen von Andronikos bis Alexander von Aphrodisia'' (edizione italiana edita da Vita e Pensiero di Milano, vol.1 pp. 13-40</ref>
[[Horst Blanck]] nel suo ''Das Buch in der Antike''<ref>''Il libro nel mondo antico'', Bari, Dedalo, 1992, pp. 184 e sgg.</ref> riassume questa storia che si basa su [[Strabone]] (XIII, 1, 54), confermato e integrato da [[Diogene Laerzio]] (V, 52) e da [[Plutarco]] (''Sulla'', XXVI, 1,3).
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Neleo conta di essere nominato successore di Teofrasto ma gli viene preferito Stratone. Abbandona allora il Liceo a si ritira nella sua città natale, a Scepsi (Asia Minore), portandosi dietro l'intera biblioteca con tutte le opere di Aristotele, privando il Liceo di questo fondamentale strumento. A questo punto a tutta la comunità filosofica rimangono solo gli scritti aristotelici sotto forma di dialogo platonico (esoterici), che erano però solo una minima parte dei suoi studi, e una serie di trasposizioni del suo pensiero, non sempre fedeli, che comunque non potevano godere della rigorosità di tutti i passaggi logici dell'originale. Ad essi si aggiungono tutta una serie di falsi attribuiti al filosofo, tra cui i testi che Neleo venderà alla biblioteca di Alessandria come "testi di Aristotele" (come appaiono nel registro della stessa) ma che in realtà, pur appartenuti ad Aristotele, non erano affatto stati scritti da lui (in prevalenza erano le opere di Teofrasto).
La biblioteca in effetti sarà presto, almeno in parte, ripristinata e quindi ereditata da [[Licone (peripatetico)|Licone]] successore di Stratone.<ref>Diogene Laerzio V,62</ref>
Morto intanto Neleo, gli eredi, che si limitano a non buttare tutti quei testi che a loro poco interessavano, vengono a sapere che i re di Pergamo cercavano libri da "acquisire" per allestire la propria biblioteca e quindi nascondono i testi aristotelici in un fosso, decidendo infine di venderli ad [[Apellicone di Teo]]<ref>Strabone lo indica più bibliofilo che filosofo, ma forse bibliomane In [[Ateneo di Naucrati]], ([[Deipnosofisti]], V, 214c) si riporta che sottrasse dagli archivi di Atene gli antichi decreti degli Ateniesi</ref> che riportò ad Atene tutte quelle opere in parte ammuffite.<ref>{{cita libro |autore=Giuseppe Feola |url=https://repositorio.ul.pt/bitstream/10451/29351/1/Feola%20-%20II%20bozze.pdf |titolo=Alcune considerazioni sull’ordinamento del corpus biologico di Aristotele |anno=2012}}</ref>
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La ''[[Retorica ad Alessandro]]'' è un trattato di retorica che ora si ritiene generalmente che sia opera di [[Anassimene di Lampsaco]].
I ''[[Problemata|Problemi]]'' raggiunsero la loro forma finale tra il III secolo a.C. e il VI secolo d.C. Il lavoro è diviso per argomento in 38 sezioni e il tutto contiene quasi 900 problemi. Qualche esempio può chiarire la tipologia dell'opera. L'autore si chiede: come mai sedendosi vicino al fuoco si avverte la necessità di orinare? La sua risposta è: perché il fuoco scioglie le cose solide. È chiaro che, se avesse ragione, allontanandosi dal fuoco dovrebbe anche passare la voglia.<ref>[[Aulo Gellio]], ''Noctes Atticae'', XIX, 4 formula la questione in questi termini: «Vi sono dei libri di Aristotele, intitolati'' Questioni fisiche'' [Problemata Physica], che sono assai divertenti e pieni di opportune osservazioni d'ogni genere. [...] Così pure indaga perché colui che a lungo sta presso il fuoco abbia voglia di urinare. [...] Quanto all'urinare reso frequente dalla vicinanza al fuoco, si esprime con queste parole: Il fuoco dissolve la materia solida, come il sole fonde la neve». (Traduzione di Luigi Rusca, Milano, Rizzoli, 1968, pp. 572-573).</ref>
Le ''[[De mirabilibus auscultationibus|Audizioni meravigliose]]'' appartengono al genere della [[paradossografia]], peraltro non ignota allo stesso Aristotele, ad esempio nella ''[[Historia animalium]]'': ad esempio, tra le altre curiosità dell'operetta, si riporta che, sull'isola di [[Creta (Grecia)|Creta]], le capre ferite dai cacciatori si cibano di un'erba, chiamata [[Dittamo]], che subito fa uscire la freccia e sana la ferita.<ref>Edizione in ''Paradoxographorum Graecorum Reliquiae'', a cura di A. Giannini, Istituto Editoriale Italiano, 1966.</ref>
Oltre a questi si ricordano anche l'''[[Economico (Aristotele)|Economico]]'',
== La filosofia: scienza delle cause e ricerca delle essenze ==
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=== Ontologia e metafisica ===
L'[[ontologia]], in quanto [[metafisica]] (secondo la terminologia introdotta da [[Andronico di Rodi]]), è la "filosofia prima" aristotelica, che ha come suo primario [[Oggetto (filosofia)|oggetto]] di indagine l'[[essere]] ''in quanto tale'', e solo in via subordinata l'''ente'' (dal [[lingua greca antica|greco]] ὄντος, genitivo di ὤν, ''essente''). ''"In quanto tale"'' significa a prescindere dai suoi aspetti accidentali, e quindi in maniera scientifica. Solo di ciò che permane come sostrato fisso e immutabile, infatti, si può avere una conoscenza sempre valida e universale, a differenza degli ''enti'' soggetti a generazione e corruzione, ragion per cui «del particolare non si dà scienza».<ref>Aristotele, ''Opere'', ''Metafisica'' Z 15, 1039b28, Laterza, Bari 1973, pag. 225.</ref>
Per conoscere gli enti occorrerà dunque fare sempre riferimento all'Essere; Aristotele intende per ''ente'' tutto ciò che [[esistenza|esiste]], nel senso che deve ad altro la propria sussistenza,<ref>"Esistere" va qui inteso nel senso etimologico, che sarà evidenziato tra gli altri da [[Heidegger]], di «essere da» (da ''ex-sistentia''), a differenza della sostanza che invece «è in sé e non in qualcos'altro» (Aristotele, ''Metafisica'', 1046a, 26).</ref> a differenza dell'Essere che invece ''è'' in sé e per sé: mentre l'Essere è uno, gli enti non sono tutti uguali. Per il filosofo essi hanno vari [[significati]]: l'ente è un "''pollachòs legòmenon''" (dal [[Lingua greca antica|greco]] πολλαχῶς λεγόμενον), ossia si può «dire in molti modi». Ente sarà ad esempio un uomo, così come il suo colore della pelle.
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|titolo = La Sostanza: prima e seconda
|contenuto =
Il [[genere (filosofia)|genere]] sommo di cui il filosofo si occupa maggiormente è quello di [[sostanza (filosofia)|sostanza]], classificata in ''sostanza prima'' e ''sostanza seconda''. La prima è relativa ad un singolo essere, un determinato uomo, un certo animale o una pianta, ossia tutto ciò che ha sussistenza autonoma. La ''sostanza seconda'' invece è costituita da [[sostantivo|sostantivi]] generici che determinano un oggetto in un certo modo, è la risposta a "che cos'è" quell'oggetto, ''ti estì'' (dal [[greco antico|greco]] τί ἐστί), specificando meglio la ''sostanza prima''. Nella frase «il Sole è un astro» ad esempio, ''Sole'', [[nome proprio]] e specifico di una stella, è sostanza prima, mentre ''astro'', nome generico che ne specifica l'essenza o la natura, è sostanza seconda.
Di fatto, se si prescinde dall'aspetto materiale, la sostanza è sinonimo di [[essenza (filosofia)|essenza]] (οὐσία, ''usìa'').<ref>''Metafisica'', Z 3, 1028 b 33.</ref> Ogni realtà può essere detta che ''"è"'' in quanto esprime la sostanza. Un altro termine utilizzato per indicarla è ''[[sinolo]]'', [[ilemorfismo|unione di materia e forma]].
}}
Nonostante le molteplici valenze che assumono gli enti, tutti richiamano inevitabilmente in un modo o nell'altro il concetto di [[sostanza (filosofia)|sostanza]], termine introdotto da Aristotele per indicare ''ciò che è in sé e per sé'', e che per [[essere]] non ha bisogno di [[esistere]]. La sostanza è uno dei dieci ''[[predicato|predicamenti]]'' dell'essere, ossia di quelle dieci [[categoria (filosofia)|categorie]] entro cui classificare gli enti sulla base della loro differenza. Esse sono: sostanza, qualità, quantità, dove, quando, [[Relazione (filosofia)|relazione]], agire, subire, avere, giacere.
Le dieci categorie possono anche essere definite [[genere (filosofia)|generi]] massimi, poiché permettono la completa classificazione degli enti. Non vanno confuse con i [[5 generi sommi|cinque generi sommi]] platonici, perché se Platone cercava categorie universali cui partecipassero tutte le idee, Aristotele cerca categorie cui gli enti partecipino in base alla loro diversità: non esiste infatti una categoria a cui tutti gli enti tangibili partecipino, proprio perché il suo scopo non è quello della ''reductio ad unum'' o [[omologazione]] (far confluire tutti gli oggetti di studio in un unico grande calderone).
A differenza della sostanza, le nove rimanenti categorie si devono invece definire "accidenti" in quanto non hanno vita indipendente, ma esistono solo nel momento in cui ineriscono alla sostanza. Il giallo, per esempio, non è un ente autonomo come un uomo. Perciò nella frase «il Sole è giallo», ''Sole'' è sempre sostanza prima, mentre ''giallo'' è accidente della sostanza, appartenente alla categoria della [[qualità (filosofia)|qualità]].
Lo stesso filosofo afferma quanto sia inutile ogni scienza che si occupi di enti dotati delle medesime caratteristiche: la [[matematica]] studia gli enti astratti deducibili solo con l'astrazione (in [[numero|numeri]]), la [[fisica aristotelica|fisica]] gli elementi naturali della ''[[physis]]'' (in [[greco antico|greco]] φύσις), l'[[ontologia]], invece, studia gli enti. Ma in base a che cosa gli enti sono accomunati? Non certo il fatto di esistere, perché, come già detto, il filosofo nega a priori l'esistenza di una categoria che collochi in sé tutti gli enti (la categoria dell'essere che, infatti, li accomunerebbe tutti). Il termine ente è comunque una parola ambigua, proprio come "salutare"
==== Teologia ====
{{Vedi anche|
Per Aristotele soltanto l'essere in atto fa sì che un ente in [[Potenza (Aristotele)|potenza]] possa evolversi; l'argomento ontologico diventa così [[teologia|teologico]] per passare alla dimostrazione della necessità dell'essere in atto.<ref>La teologia come «scienza del divino» è per Aristotele la filosofia nel senso più alto, essendo «scienza dell'essere in quanto essere» (''Metafisica'', VI, 1, 1026 a, 2-21).</ref>
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==== Logica ====
Distinta dall'intelletto (''nous'') è la [[Logica]], conoscenza
Il termine propriamente utilizzato da Aristotele, infatti, non è ''logica'' ma ''analitica'',<ref>«Se dovessimo fare una storia della logica antica fondandoci sul termine "logica", dovremmo escluderne Aristotele, perché egli non usa mai questo termine, che entra nel linguaggio filosofico probabilmente con gli Stoici. Aristotele chiama l'insieme delle sue ricerche sull'argomentazione e sulla predicazione con il nome di "analitica", intendendo con questo termine il procedimento di analisi, cioè di risoluzione di una proposizione nei suoi elementi componenti e nelle premesse da cui essa scaturisce» ([http://www.emsf.rai.it/dati/interviste/in_285.htm G.Giannantoni] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150924000454/http://www.emsf.rai.it/dati/interviste/in_285.htm |data=24 settembre 2015 }} in EMSF).</ref> ("analisi" dal [[lingua greca antica|greco]] ἀνάλυσις - analysis- derivato di ἀναλύω - analyo) che vuol dire appunto "scomporre, risolvere nei suoi elementi", per indicare la risoluzione di un'asserzione nei suoi elementi costitutivi. In tal senso non è propriamente una scienza quanto uno strumento: non rientra né tra le scienze
Alla logica aristotelica fu successivamente attribuito anche il termine di "[[Organon]]" (strumento) che le venne assegnato per la prima volta da [[Andronico di Rodi]] (I secolo a.C.) e ripreso da [[Alessandro di Afrodisia]] (II-III secolo d.C.)<ref>Franco Volpi, ''Dizionario delle opere filosofiche'', Pearson Italia S.p.a., 2000, p.78</ref> che lo riferì agli scritti aristotelici che hanno come tema l'Analitica.
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==== Politica ====
L'etica di Aristotele, che pone l'accento sul «giusto mezzo» come via maestra per diventare persone felici e armoniche, segue da vicino i dettami della [[medicina greca|scienza medica greca]], basata similmente sull'equilibrio e la moderazione. Allo stesso modo, le tre possibili forme [[politica|politiche]] dello [[Stato]] ([[monarchia]], [[aristocrazia]], e ''[[politeia]]'') devono guardarsi dall'estremismo delle loro rispettive degenerazioni: [[tirannide]], [[oligarchia]] e [[democrazia]] (o [[oclocrazia]]).<ref>Oclocrazia, dal [[lingua greca antica|greco]] όχλος = moltitudine, massa, e κρατία = potere, è una forma di governo in cui le decisioni sono prese dalle masse.</ref> La ''politeia'' è realisticamente la migliore fra le tre costituzioni perché, facendo leva sul ceto medio benestante, è più incline alla misura e alla stabilità: essa prende il meglio della democrazia e dell'oligarchia, pervenendo ad una loro commistione. Nella ''politeia'' infatti le cariche pubbliche sono elettive, come nell'oligarchia, ma indipendenti dal censo, come nella democrazia.<ref>Aristotele, ''Politica'',IV 9, 1294b</ref>
==== Il concetto di ''philia'' ====
Nell'ottavo e nel nono libro dell{{'}}''[[Etica Nicomachea]]'' Aristotele tratta anche del concetto d'[[amicizia]] (in greco φιλία, ''[[philìa]]''). Il filosofo comincia facendo l'analisi dei diversi fondamenti dell'amicizia: l'utile, il piacere e il bene; da questi derivano le tre tipologie d'amicizia: quella di utilità, di piacere, e di virtù. L'amicizia di utilità è tipica dei vecchi, quella di piacere degli uomini maturi e dei giovani; gli amici in queste due tipologie non si amano di ''per se stessi'' ma solamente per i vantaggi che traggono dal loro legame: per tale motivo questi tipi di amicizia, basandosi sui bisogni e desideri umani, che sono volubili, si creano e si dissolvono con facilità.
L'unica vera amicizia è quella di virtù, stabile perché si fonda sul bene, caratteristica degli uomini buoni. L'amicizia di virtù presuppone due condizioni fondamentali: l'uguaglianza fra gli amici (a livello di intelligenza, ricchezza, educazione ecc.) e la consuetudine di vita. L'amicizia si distingue dalla benevolenza, che può non essere corrisposta, e dall'[[amore]], perché nell'amore entrano in gioco fattori istintuali. Aristotele tuttavia non esclude che un rapporto d'amore possa trasformarsi poi in una vera e propria amicizia.
La ''philia'' aristotelica esprime quindi il legame tra amicizia e reciprocità, fondato sul riconoscimento dei meriti e sul reciproco desiderio del bene per l'altro.
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Nella ''[[Historia animalium]]'' Aristotele scrive che la riproduzione è comune ad entrambi i sessi: «...il maschio è portatore del principio del mutamento e della generazione...la femmina di quello della materia.» Poiché «[…] la prima causa motrice cui appartengono l’essenza e la forma è migliore e più divina per natura della materia, il principio del mutamento, cui appartiene il maschio, è migliore e più divino della materia, a cui appartiene la femmina.»<ref>Aristotele, ''Historia animalium'', libro VII, Laterza 2011</ref>
L'analisi aristotelica della procreazione descrive dunque un elemento maschile attivo e "animante" che porta la vita ad un inerte e passivo elemento femminile. Sulla base di ciò, e in forza della visione del filosofo relativa alle abilità della donna, al suo temperamento e al suo ruolo nella società, Aristotele è stato giudicato in alcuni ambienti universitari statunitensi vicini all'ideologia [[Femminismo|femminista]] un [[Misoginia|misogino]].<ref>{{Cita libro | autore=Cynthia A. Freeland | titolo=Feminist interpretations of Aristotle | anno=1998 | editore=Pennsylvania State University Press | città=|ISBN = 978-0-271-01730-3}}</ref>
Lo Stagirita è inoltre considerato da alcune ideologie femministe moderne un ideologo storico del [[Patriarcato (antropologia)|patriarcato]], del [[sessismo]] e dell'ineguaglianza.<ref>{{Cita pubblicazione |cognome=Morsink |nome=Johannes |anno=1979 |mese=primavera |titolo=Was Aristotle's biology sexist? |rivista=Journal of the History of Biology |volume=12 |numero=1 |pp=83-112 |doi=10.1007/BF00128136 |url=https://link.springer.com/article/10.1007/BF00128136|lingua=inglese |accesso=4 giugno 2012 |abstract=x}}</ref>
I rilievi dell'ideologia femminista, tuttavia, paiono non considerare che Aristotele non faceva che rispecchiare ''in toto'' l'immagine della donna nella cultura greca, consegnata alla vita domestica ed esclusa dallo spazio pubblico. D'altra parte, Aristotele ha attribuito lo stesso peso alla [[felicità]] delle donne e a quella degli uomini. Nella sua ''Retorica'' commentò che una società non può essere felice, se anche la donna non lo è: in luoghi come [[Sparta]], dove la sorte delle donne è spiacevole, ci può essere solo, nella società, una felicità dimezzata.<ref>''Retorica'', 1.5.6</ref><ref>Per un confronto tra le opinioni di Platone e quelle di Aristotele sulle donne vedere: Nicholas D. Smith, "Plato and Aristotle on the Nature of Women", ''Journal of the History of Philosophy'', 21, 1983, pp. 467-478.</ref>
== Fortuna di Aristotele ==
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Fu lo Stagirita a fondare e ordinare le diverse forme di conoscenza, creando i presupposti e i paradigmi dei linguaggi specialistici che vengono usati ancora oggi in campo [[scienza|scientifico]]. Mirando a creare un sistema globale del pensiero, furono di importanza basilare le sue formulazioni sulla [[fisica]] e sulla [[metafisica]], sulla [[teologia]], sull'[[ontologia]], sulla [[matematica]], sulla [[poetica]], sul [[teatro]], sull'[[arte]], sulla [[musica]], sulla [[logica]], sulla [[retorica]], sulla [[politica]] e sui [[governo|governi]], sull'[[etica]], sulla [[grammatica]], sull'[[oratoria]] e sulla [[dialettica]], sulla [[linguistica]], sulla [[biologia]] e sulla [[zoologia]].
Come pochi altri filosofi, Aristotele ha avuto larga influenza su diversi pensatori delle epoche successive, che ammirarono il suo genio e analizzarono profondamente i suoi concetti: ''auctoritas'' metafisica nella [[Scolastica (filosofia)|Scolastica]] di [[San Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]], oltre che nella tradizione islamica ed ebraica del [[filosofia medioevale|Medioevo]], il pensiero di Aristotele venne spesso ripreso nel [[Rinascimento]].<ref>Maria Elena Severini, ''Il destino di un libro al servizio del sovrano: La "Politica" di Aristotele da Loys Le Roy a John Donne'', Bibliothèque d'Humanisme et Renaissance, T. 75, No. 1 (2013), pp. 89-104.</ref>
{{Citazione|Poi ch'innalzai un poco più le ciglia,<br />vidi 'l maestro di color che sanno<br />seder tra filosofica famiglia.<br />Tutti lo miran, tutti onor li fanno.<ref>[https://it.wikisource.org/wiki/Divina_Commedia/Inferno/Canto_IV Divina Commedia/Inferno/Canto IV vv. 130-133]. Dante Alighieri, ''Divina Commedia'', Società Editrice Dante Alighieri, Roma 2007, p. 55.</ref>|}}
Giungendo a influenzare gli studi di molti grandi filosofi del Novecento, gli elementi dell'[[aristotelismo]] sono oggetto di studio attivo ancora oggi, continuando a improntare di sé diversi aspetti della [[teologia cristiana]]. La filosofia del secondo Novecento ha inoltre sottolineato, con autori come [[Gertrude Elizabeth Margaret Anscombe]], [[Alasdair MacIntyre]] o [[Philippa Ruth Foot]], l'importanza per il dibattito odierno dell'impostazione [[etica]] di Aristotele, soprattutto per gli sviluppi che le furono dati da [[Tommaso d'Aquino]].
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* [[Guido Calogero]], ''I fondamenti della logica aristotelica'' [1927], La Nuova Italia, Firenze 1968
* [[Giuseppe Cambiano]] e Luciana Repici (a cura di), ''Aristotele e la conoscenza'', LED Edizioni Universitarie, Milano, 1993. ISBN 88-7916-035-4
*
* Ingemar Düring, ''Aristotele'', trad. it., Mursia, Milano 1976
* Michael Frede, Günther Patzig, ''Il libro Z della Metafisica di Aristotele'', Vita e Pensiero, Milano, 2001. ISBN 978-88-343-0738-0
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