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Aristotele: differenze tra le versioni

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=== La fondazione del Peripato ===
Il terzo periodo inizia quando nel [[340 a.C.]] Alessandro diviene reggente del regno di Macedonia, cominciando anche ad avvicinarsi alla cultura orientale. Il suo maestro Aristotele, che è intanto rimasto vedovo e convive con la giovane [[Erpillide]] da cui ha avuto il figlio [[Nicomaco (filosofo)|Nicomaco]],<ref>Non risulta chiaro se Erpillide sia stata semplicemente una compagna oppure la seconda moglie di Aristotele, dopo la morte di Pizia: cfr. Enrico Berti, ''Guida ad Aristotele'', Laterza, Roma-Bari 1997, p. 11.</ref> negli ultimi anni della sua vita torna forse a [[Stagira]] e, intorno al [[335 a.C.]], si trasferisce ad [[Atene]], dove in un pubblico [[ginnasio]], detto ''Liceo'' perché sacro ad [[Apollo]] Licio, fonda una sua famosissima e celebrata scuola, chiamata [[Peripato]] (dal [[lingua greca antica|greco]] Περίπατος, «la Passeggiata»; da περιπατέω «passeggiare», composto di περι «intorno» e πατέω «camminare») nome che indicava quella parte del giardino con un colonnato coperto dove il maestro e i suoi discepoli camminavano discutendo.<ref>''Vocabolario Treccani'' alla voce "Peripato"</ref><ref>Rebecca Solnit, ''Storia del camminare'', Pearson Italia S.p.a., 2005, p. 16.</ref>. Probabilmente non è Aristotele ad acquistare la scuola; egli l'affitta, perché per la città di Atene egli era uno straniero e non aveva diritto di proprietà. La scuola viene inoltre finanziata dallo stesso Alessandro. Aristotele promuove attività di ricerca nella città di Atene soprattutto per quanto riguarda materie scientifiche quali [[zoologia]] (di cui si occupa lui stesso), [[botanica]] (che affida a Teofrasto), [[astronomia]] e matematica (che affida a [[Eudemo da Rodi]]) e medicina (affidata a [[Anonymus Londinensis|Menone]]).<ref>M. De Bartolomeo - V. Magni, ''Filosofia''.</ref>.
 
Riguardo alla scuola abbiamo notizie vaghe; comunque sappiamo per certo che gli alunni erano chiamati per dieci giorni a dirigere la scuola in prima persona: Aristotele ci teneva a istruire i suoi allievi a questo ruolo. Inoltre i pasti venivano consumati in comune secondo un'usanza dei [[pitagorici]] e ogni mese si organizzava un [[simposio]] filosofico con giudizio (''iudicio'') guidato dalla saggezza del maestro. Le lezioni si svolgevano di mattina; di pomeriggio e di sera invece Aristotele teneva, sempre nella scuola, delle conferenze aperte al pubblico; le materie erano appunto di interesse pubblico quindi [[politica]] e [[retorica]], ad esempio, ma non materie astratte come la [[metafisica]] e la [[logica]].
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Oggi gli studiosi non concordano con queste ipotesi, le quali seppure opposte possono ambedue risultare verosimili.
 
Come nota infatti [[Pierre Pellegrin]], delle pubblicazioni di Aristotele non abbiamo alcuna notizia. Non sappiamo in alcun modo la loro originaria edizione, collocazione, datazione, possiamo solo congetturare in modo assolutamente incerto alcune supposizioni. Questi dubbi nascono dalla storia della biblioteca di Aristotele studiata dal filologo belga [[Paul Moraux]].<ref>P. Moraux, ''Der Aristotelismus bei den Griechen von Andronikos bis Alexander von Aphrodisia'' (edizione italiana edita da Vita e Pensiero di Milano, vol.1 pp. 13-40</ref>.
 
[[Horst Blanck]] nel suo ''Das Buch in der Antike''<ref>''Il libro nel mondo antico'', Bari, Dedalo, 1992, pp. 184 e sgg.</ref> riassume questa storia che si basa su [[Strabone]] (XIII, 1, 54), confermato e integrato da [[Diogene Laerzio]] (V, 52) e da [[Plutarco]] (''Sulla'', XXVI, 1,3).
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Neleo conta di essere nominato successore di Teofrasto ma gli viene preferito Stratone. Abbandona allora il Liceo a si ritira nella sua città natale, a Scepsi (Asia Minore), portandosi dietro l'intera biblioteca con tutte le opere di Aristotele, privando il Liceo di questo fondamentale strumento. A questo punto a tutta la comunità filosofica rimangono solo gli scritti aristotelici sotto forma di dialogo platonico (esoterici), che erano però solo una minima parte dei suoi studi, e una serie di trasposizioni del suo pensiero, non sempre fedeli, che comunque non potevano godere della rigorosità di tutti i passaggi logici dell'originale. Ad essi si aggiungono tutta una serie di falsi attribuiti al filosofo, tra cui i testi che Neleo venderà alla biblioteca di Alessandria come "testi di Aristotele" (come appaiono nel registro della stessa) ma che in realtà, pur appartenuti ad Aristotele, non erano affatto stati scritti da lui (in prevalenza erano le opere di Teofrasto).
 
La biblioteca in effetti sarà presto, almeno in parte, ripristinata e quindi ereditata da [[Licone (peripatetico)|Licone]] successore di Stratone.<ref>Diogene Laerzio V,62</ref>.
 
Morto intanto Neleo, gli eredi, che si limitano a non buttare tutti quei testi che a loro poco interessavano, vengono a sapere che i re di Pergamo cercavano libri da "acquisire" per allestire la propria biblioteca e quindi nascondono i testi aristotelici in un fosso, decidendo infine di venderli ad [[Apellicone di Teo]]<ref>Strabone lo indica più bibliofilo che filosofo, ma forse bibliomane In [[Ateneo di Naucrati]], ([[Deipnosofisti]], V, 214c) si riporta che sottrasse dagli archivi di Atene gli antichi decreti degli Ateniesi</ref> che riportò ad Atene tutte quelle opere in parte ammuffite.<ref>{{cita libro |autore=Giuseppe Feola |url=https://repositorio.ul.pt/bitstream/10451/29351/1/Feola%20-%20II%20bozze.pdf |titolo=Alcune considerazioni sull’ordinamento del corpus biologico di Aristotele |anno=2012}}</ref>
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La ''[[Retorica ad Alessandro]]'' è un trattato di retorica che ora si ritiene generalmente che sia opera di [[Anassimene di Lampsaco]].
 
I ''[[Problemata|Problemi]]'' raggiunsero la loro forma finale tra il III secolo a.C. e il VI secolo d.C. Il lavoro è diviso per argomento in 38 sezioni e il tutto contiene quasi 900 problemi. Qualche esempio può chiarire la tipologia dell'opera. L'autore si chiede: come mai sedendosi vicino al fuoco si avverte la necessità di orinare? La sua risposta è: perché il fuoco scioglie le cose solide. È chiaro che, se avesse ragione, allontanandosi dal fuoco dovrebbe anche passare la voglia.<ref>[[Aulo Gellio]], ''Noctes Atticae'', XIX, 4 formula la questione in questi termini: «Vi sono dei libri di Aristotele, intitolati'' Questioni fisiche'' [Problemata Physica], che sono assai divertenti e pieni di opportune osservazioni d'ogni genere. [...] Così pure indaga perché colui che a lungo sta presso il fuoco abbia voglia di urinare. [...] Quanto all'urinare reso frequente dalla vicinanza al fuoco, si esprime con queste parole: Il fuoco dissolve la materia solida, come il sole fonde la neve». (Traduzione di Luigi Rusca, Milano, Rizzoli, 1968, pp. 572-573).</ref>. Un altro dei ''Problemi'' è: come mai soffiando sulle mani queste si scaldano, mentre soffiando sulla zuppa questa si raffredda? La risposta è: perché quando si soffia sulla minestra, si tiene la bocca quasi chiusa, dunque il calore dell'aria rimane dentro la bocca e quel poco che esce fuori evapora subito per la violenza del soffio.<ref>[[Erasmo da Rotterdam|Erasmo]], ''Adagi'', Milano, Bompiani, 2013, Centuria 8, n. 730, p. 711: ''[[Ex eodem ore calidum et frigum efflare]]'': «Ma di questa cosa, che aveva meravigliato il satiro, espone il motivo Aristotele nei ''Problemi'', sezione trentaquattresima, problema settimo [34,7,964a 10-18], e crede che ciò accada per questo motivo, cioè che chi alita fortemente non muove tutta l’aria, ma espira con la bocca molto stretta un po’ di vento, in modo che il calore emesso dalla bocca svanisce subito per l’aria restante, che muove grazie al grandissimo impeto, e diventa freddo».</ref>.
 
Le ''[[De mirabilibus auscultationibus|Audizioni meravigliose]]'' appartengono al genere della [[paradossografia]], peraltro non ignota allo stesso Aristotele, ad esempio nella ''[[Historia animalium]]'': ad esempio, tra le altre curiosità dell'operetta, si riporta che, sull'isola di [[Creta (Grecia)|Creta]], le capre ferite dai cacciatori si cibano di un'erba, chiamata [[Dittamo]], che subito fa uscire la freccia e sana la ferita.<ref>Edizione in ''Paradoxographorum Graecorum Reliquiae'', a cura di A. Giannini, Istituto Editoriale Italiano, 1966.</ref>.
 
Oltre a questi si ricordano anche l'''[[Economico (Aristotele)|Economico]]'', ''[[De plantis|Le piante]]'', ''[[De coloribus|I colori]]'', ''[[Questioni meccaniche]]'' e altre ancora.
 
== La filosofia: scienza delle cause e ricerca delle essenze ==
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Distinta dall'intelletto (''nous'') è la [[Logica]], conoscenza del pensiero discorsivo (''[[dianoia|diànoia]]''),<ref name=calogero>«Volendo, del resto, usar nomi più schiettamente aristotelici, si dovrebbe piuttosto parlare di principio noetico e di principio dianoetico: ché quella distinzione di forme logiche trovava appoggio anche nella precisa corrispondenza onde essa faceva corpo, nel sistema di Aristotele, con una distinzione di attività conoscitive, e cioè con quella per cui la conoscenza noetica dell'intelletto (νοῦς), appercezione unitaria dell'essenza" (νόησις ἀδιαίρετος ἡ νοοῦσα τὸ τί ἦν εἶναι) differiva dalla conoscenza dianoetica del pensiero discorsivo (διάνοια), che i singoli contenuti noetici componeva e disponeva nei giudizî e nelle argomentazioni» (dall'[http://www.treccani.it/enciclopedia/logica_%28Enciclopedia-Italiana%29/ enciclopedia ''Treccani'' alla voce "Logica"]).</ref> che Aristotele teorizza nella forma rigorosamente [[deduzione|deduttiva]] del [[sillogismo]]:<ref>''[http://www.filosofico.net/inteellettoearagione.htm Intelletto e ragione]'', corso tenuto dal professor [[Massimo Mori]], docente dell'Università di Torino.</ref> mentre l'intuizione (νούς) fornisce le verità supreme della conoscenza, la logica ne trae soltanto delle conclusioni formalmente corrette, scendendo dall'universale al particolare.<ref>[[Guido Calogero]], ''I fondamenti della logica aristotelica'', La Nuova Italia, Firenze 1968, dove si distingue nettamente l'aspetto ''noetico'' da quello ''dianoetico'' nella concezione gnoseologica aristotelica: mentre il ''nous'' fornisce un sapere intuitivo e immediato, la ''dianoia'' consiste in una forma inferiore di conoscenza, che si limita ad analizzare in maniera discorsiva le verità ottenute dall'attività noetica (pag. 15 e segg.).</ref><ref>Cfr. anche C. Prantl, ''Geschichte der Logik im Abendlande'', I, Lipsia 1855; H. Maier, ''Die Syllogistik des Aristoteles'', Tubinga 1896-1900; J. Geyser, ''Die Erkenntnistheorie des Aristoteles'', Münster 1917.</ref>
 
Il termine propriamente utilizzato da Aristotele, infatti, non è ''logica'' ma ''analitica'',<ref>«Se dovessimo fare una storia della logica antica fondandoci sul termine "logica", dovremmo escluderne Aristotele, perché egli non usa mai questo termine, che entra nel linguaggio filosofico probabilmente con gli Stoici. Aristotele chiama l'insieme delle sue ricerche sull'argomentazione e sulla predicazione con il nome di "analitica", intendendo con questo termine il procedimento di analisi, cioè di risoluzione di una proposizione nei suoi elementi componenti e nelle premesse da cui essa scaturisce» ([http://www.emsf.rai.it/dati/interviste/in_285.htm G.Giannantoni] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150924000454/http://www.emsf.rai.it/dati/interviste/in_285.htm |data=24 settembre 2015 }} in EMSF).</ref> ("analisi" dal [[lingua greca antica|greco]] ἀνάλυσις - analysis- derivato di ἀναλύω - analyo) che vuol dire appunto "scomporre, risolvere nei suoi elementi", per indicare la risoluzione di un'asserzione nei suoi elementi costitutivi. In tal senso non è propriamente una scienza quanto uno strumento: non rientra né tra le scienze poietiche, né tra quelle pratiche né tra quelle teoretiche.<ref>«La Logica considera invece la forma che deve avere qualsiasi tipo di discorso che pretenda di dimostrare qualcosa e in genere che voglia essere probante. La logica mostra come procede il pensiero quando pensa , quale sia la struttura del ragionamento... è una sorta di propedeutica generale a tutte le scienze» (Giovanni Reale, ''Il pensiero antico'', Vita e Pensiero, 2001, p.230).</ref> Oggi la filosofia considera la logica come una scienza a sé stante priva di contenuto [[ontologia|ontologico]], per Aristotele invece è una prima fondamentale facoltà, propedeutica a tutte le altre scienze,<ref>G.Reale su citato ritiene che Aristotele soltanto di sfuggita si è riferito alla Logica come "scienza" (''Rhet'', I, 4).</ref> che si occupa della struttura dell'oggetto, ossia dell'[[essere]], in virtù della necessaria corrispondenza tra le forme del pensiero (analitica) e quelle della realtà (metafisica): una corrispondenza già data dal ''nous'' o intelletto, che la logica si limita a scomporre nelle sue parti.<ref name=calogero />
 
Alla logica aristotelica fu successivamente attribuito anche il termine di "[[Organon]]" (strumento) che le venne assegnato per la prima volta da [[Andronico di Rodi]] (I secolo a.C.) e ripreso da [[Alessandro di Afrodisia]] (II-III secolo d.C.)<ref>Franco Volpi, ''Dizionario delle opere filosofiche'', Pearson Italia S.p.a., 2000, p.78</ref> che lo riferì agli scritti aristotelici che hanno come tema l'Analitica.
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==== Politica ====
L'etica di Aristotele, che pone l'accento sul «giusto mezzo» come via maestra per diventare persone felici e armoniche, segue da vicino i dettami della [[medicina greca|scienza medica greca]], basata similmente sull'equilibrio e la moderazione. Allo stesso modo, le tre possibili forme [[politica|politiche]] dello [[Stato]] ([[monarchia]], [[aristocrazia]], e ''[[politeia]]'') devono guardarsi dall'estremismo delle loro rispettive degenerazioni: [[tirannide]], [[oligarchia]] e [[democrazia]] (o [[oclocrazia]]).<ref>Oclocrazia, dal [[lingua greca antica|greco]] όχλος = moltitudine, massa, e κρατία = potere, è una forma di governo in cui le decisioni sono prese dalle masse.</ref> La ''politeia'' è realisticamente la migliore fra le tre costituzioni perché, facendo leva sul ceto medio benestante, è più incline alla misura e alla stabilità: essa prende il meglio della democrazia e dell'oligarchia, pervenendo ad una loro commistione. Nella ''politeia'' infatti le cariche pubbliche sono elettive, come nell'oligarchia, ma indipendenti dal censo, come nella democrazia.<ref>Aristotele, ''Politica'',IV 9, 1294b</ref>. Quest'ultima invece è un governo dei poveri che, in quanto tali, possono portare a scompaginare lo Stato per cercare di sottrarre ai ricchi i loro beni.<ref>Marcello Zanatta, ''Introduzione alla filosofia di Aristotele'', cap. V, BUR, 2013.</ref> Dal momento che la massa dei cittadini è solitamente costituita dai meno abbienti, la democrazia si identifica con l'oclocrazia.<ref>Fabio Cioffi e altri, ''Il Discorso Filosofico 1'', Edizioni scolastiche Mondadori, p. 313</ref>
 
==== Il concetto di ''philia'' ====
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Nella ''[[Historia animalium]]'' Aristotele scrive che la riproduzione è comune ad entrambi i sessi: «...il maschio è portatore del principio del mutamento e della generazione...la femmina di quello della materia.» Poiché «[…] la prima causa motrice cui appartengono l’essenza e la forma è migliore e più divina per natura della materia, il principio del mutamento, cui appartiene il maschio, è migliore e più divino della materia, a cui appartiene la femmina.»<ref>Aristotele, ''Historia animalium'', libro VII, Laterza 2011</ref>
 
L'analisi aristotelica della procreazione descrive dunque un elemento maschile attivo e "animante" che porta la vita ad un inerte e passivo elemento femminile. Sulla base di ciò, e in forza della visione del filosofo relativa alle abilità della donna, al suo temperamento e al suo ruolo nella società, Aristotele è stato giudicato in alcuni ambienti universitari statunitensi vicini all'ideologia [[Femminismo|femminista]] un [[Misoginia|misogino]].<ref>{{Cita libro | autore=Cynthia A. Freeland | titolo=Feminist interpretations of Aristotle | anno=1998 | editore=Pennsylvania State University Press | città=|ISBN = 978-0-271-01730-3}}</ref>.
 
Lo Stagirita è inoltre considerato da alcune ideologie femministe moderne un ideologo storico del [[Patriarcato (antropologia)|patriarcato]], del [[sessismo]] e dell'ineguaglianza.<ref>{{Cita pubblicazione |cognome=Morsink |nome=Johannes |anno=1979 |mese=primavera |titolo=Was Aristotle's biology sexist? |rivista=Journal of the History of Biology |volume=12 |numero=1 |pp=83-112 |doi=10.1007/BF00128136 |url=https://link.springer.com/article/10.1007/BF00128136|lingua=inglese |accesso=4 giugno 2012 |abstract=x}}</ref>.
 
I rilievi dell'ideologia femminista, tuttavia, paiono non considerare che Aristotele non faceva che rispecchiare ''in toto'' l'immagine della donna nella cultura greca, consegnata alla vita domestica ed esclusa dallo spazio pubblico. D'altra parte, Aristotele ha attribuito lo stesso peso alla [[felicità]] delle donne e a quella degli uomini. Nella sua ''Retorica'' commentò che una società non può essere felice, se anche la donna non lo è: in luoghi come [[Sparta]], dove la sorte delle donne è spiacevole, ci può essere solo, nella società, una felicità dimezzata.<ref>''Retorica'', 1.5.6</ref><ref>Per un confronto tra le opinioni di Platone e quelle di Aristotele sulle donne vedere: Nicholas D. Smith, "Plato and Aristotle on the Nature of Women", ''Journal of the History of Philosophy'', 21, 1983, pp. 467-478.</ref>.
 
== Fortuna di Aristotele ==
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Fu lo Stagirita a fondare e ordinare le diverse forme di conoscenza, creando i presupposti e i paradigmi dei linguaggi specialistici che vengono usati ancora oggi in campo [[scienza|scientifico]]. Mirando a creare un sistema globale del pensiero, furono di importanza basilare le sue formulazioni sulla [[fisica]] e sulla [[metafisica]], sulla [[teologia]], sull'[[ontologia]], sulla [[matematica]], sulla [[poetica]], sul [[teatro]], sull'[[arte]], sulla [[musica]], sulla [[logica]], sulla [[retorica]], sulla [[politica]] e sui [[governo|governi]], sull'[[etica]], sulla [[grammatica]], sull'[[oratoria]] e sulla [[dialettica]], sulla [[linguistica]], sulla [[biologia]] e sulla [[zoologia]].
 
Come pochi altri filosofi, Aristotele ha avuto larga influenza su diversi pensatori delle epoche successive, che ammirarono il suo genio e analizzarono profondamente i suoi concetti: ''auctoritas'' metafisica nella [[Scolastica (filosofia)|Scolastica]] di [[San Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]], oltre che nella tradizione islamica ed ebraica del [[filosofia medioevale|Medioevo]], il pensiero di Aristotele venne spesso ripreso nel [[Rinascimento]].<ref>Maria Elena Severini, ''Il destino di un libro al servizio del sovrano: La "Politica" di Aristotele da Loys Le Roy a John Donne'', Bibliothèque d'Humanisme et Renaissance, T. 75, No. 1 (2013), pp. 89-104.</ref>. Anche [[Dante Alighieri]] lo ricorda nella [[Divina Commedia]]:
{{Citazione|Poi ch'innalzai un poco più le ciglia,<br />vidi 'l maestro di color che sanno<br />seder tra filosofica famiglia.<br />Tutti lo miran, tutti onor li fanno.<ref>[https://it.wikisource.org/wiki/Divina_Commedia/Inferno/Canto_IV Divina Commedia/Inferno/Canto IV vv. 130-133]. Dante Alighieri, ''Divina Commedia'', Società Editrice Dante Alighieri, Roma 2007, p. 55.</ref>|}}
Giungendo a influenzare gli studi di molti grandi filosofi del Novecento, gli elementi dell'[[aristotelismo]] sono oggetto di studio attivo ancora oggi, continuando a improntare di sé diversi aspetti della [[teologia cristiana]]. La filosofia del secondo Novecento ha inoltre sottolineato, con autori come [[Gertrude Elizabeth Margaret Anscombe]], [[Alasdair MacIntyre]] o [[Philippa Ruth Foot]], l'importanza per il dibattito odierno dell'impostazione [[etica]] di Aristotele, soprattutto per gli sviluppi che le furono dati da [[Tommaso d'Aquino]].
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* [[Guido Calogero]], ''I fondamenti della logica aristotelica'' [1927], La Nuova Italia, Firenze 1968
* [[Giuseppe Cambiano]] e Luciana Repici (a cura di), ''Aristotele e la conoscenza'', LED Edizioni Universitarie, Milano, 1993. ISBN 88-7916-035-4
* Ingemar Düring, ''Aristotle in the Ancient Biographical Tradition'', Göteborg, 1957
* Ingemar Düring, ''Aristotele'', trad. it., Mursia, Milano 1976
* Michael Frede, Günther Patzig, ''Il libro Z della Metafisica di Aristotele'', Vita e Pensiero, Milano, 2001. ISBN 978-88-343-0738-0