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Eschine: differenze tra le versioni

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==Biografia==
[[File:Paolo Monti - Servizio fotografico (Napoli, 1969) - BEIC 6353776.jpg|thumb|Statua di Eschine, dalla [[Villa dei Papiri]] di [[Ercolano]]. [[Museo Archeologico Nazionale di Napoli]]. Foto di [[Paolo Monti]], 1969]]
 
Figlio di Atrometo e Glaucotea, cittadino ateniese<ref>Eschine, ''Sulla corrotta ambasceria'', 147.</ref>, Eschine avrebbe studiato retorica con [[Alcidamante|Alcidamante di Elea]]<ref>''Suda'', Α 347.</ref>, ma, non avendo mezzi di sussistenza, fu prima impiegato di alcuni funzionari minori, poi attore: secondo Demostene recitava piccole parti in una compagnia<ref>''Sulla corona'', 262.</ref>.
 
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==Opere==
Di Eschine ci rimangono tre orazioni: ''[[Contro Timarco]]'', ''[[Sulla corrotta ambasceria]]'', ''[[Contro Ctesifonte]]''. Un discorso ''Deliaco'', poi, giudicato spurio anche dagli antichi, è andato perduto.[[File:Paolo Monti - Servizio fotografico (Napoli, 1969) - BEIC 6353776.jpg|thumb|Statua di Eschine, dalla [[Villa dei Papiri]] di [[Ercolano]]. [[Museo Archeologico Nazionale di Napoli]]. Foto di [[Paolo Monti]], 1969|sinistra]]
 
La prima è diretta contro Timarco, collaboratore di Demostene e perseguito per il motivo che era una persona di notoria immoralità e, in quanto tale, gli doveva essere impedito di parlare in pubblico. Timarco sembra essere stato dichiarato colpevole<ref>Demostene, ''Sulla corrotta ambasceria'', §§ 2, 257.</ref>. L'orazione ''Sulla corrotta ambasceria'' gioca sul fatto che Eschine riteneva impraticabile una guerra contro Filippo<ref>Par. 79.</ref>, come aveva sostenuto nel 346, associato a Demostene nelle famose ambasciate presso il re macedone, che, dopo gravi ritardi, portarono all'insoddisfacente [[pace di Filocrate]]. Infine, come detto, la ''Contro Ctesifonte'', che avversa la proposta di Ctesifonte di conferire una corona a Demostene per i suoi servigi ad Ateneː Eschine mise sotto accusa Ctesifonte per illegalità, ma Il caso non fu effettivamente processato fino al 330 a.C., quando Eschine, non riuscendo ad ottenere un quinto dei voti a suo favore, fu multato di mille dracme e, non potendo o non volendo pagare, andò in esilio.