[go: nahoru, domu]

Cambogia

stato del Sud-Est asiatico

Citazioni sulla Cambogia e i cambogiani.

Bandiera della Cambogia

Citazioni sulla Cambogia

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  • Koh Santepep, l'Isola della pace, chiamava Sihanouk il suo piccolo regno cambogiano. Un'eccezione verdeggiante nel mare delle guerre. A est il Vietnam combatteva contro i francesi. Poi contro gli americani. A ovest la Thailandia diventava sempre più instabile. A nord il Laos veniva attirato nelle turbolenze vietnamite. In Indonesia, in concomitanza con un violento golpe militare, venivano uccise centinaia di migliaia di comunisti.
    Tutti i conflitti erano attraversati dalle gelide trincee della guerra fredda. La minaccia ultima incombeva perennemente: che l'equilibrio venisse meno a favore di una delle due parti e che l'altra premesse il pulsante delle armi nucleari.
    Ma la Cambogia era l'isola della pace. Nelle calde serate in riva al Mekong l'inverno nucleare era lontano. (Peter Fröberg Idling)
  • Agli stranieri, e spesso a noi stessi, la Cambogia appariva abbastanza pacifica. I contadini legati ai loro cicli di piantagione. I pescatori che vivevano nelle loro barche, e i loro bambini nudi ed abbronzati che saltavano dentro e fuori dall'acqua. I monaci nei loro vesti, che incedevano a piedi nudi con lentezza calcolata nei loro giri quotidiani. Templi buddisti in ogni villaggio, i tetti graziosi sovrapposti che si innalzavano al di sopra degli alberi. I viali larghi e gli alberi in fiore della nostra capitale nazionale, Phnom Penh. Tutta quella bellezza e serenità era visibile all'occhio. Ma dentro, nascosto alla vista per tutto il tempo, era il kum. Kum è una parola cambogiana per una concezione della vendetta distintamente cambogiana più dannosa dell'offesa originaria. Se ti colpisco col pugno e tu aspetti cinque anni per poi spararmi alle spalle in una notte buia, quello è il kum. O se un ufficiale del governo ruba i polli d'un contadino e il contadino usa questo come giustificazione per attaccare una caserma del governo, come quella nel mio villaggio, quello è il kum. I cambogiani sanno tutto sul kum. È l'infezione che attecchisce nella nostra anima nazionale.
  • I cambogiani faranno qualsiasi cosa per mantenere le apparenze del bonheur. cerchiamo di rimanere cortesi anche quando non ci va di essere cortesi, perché così è più facile. Essere in contrasto ci costringe a trattarci come nemici, ed allora perdiamo il controllo.
  • Per gli standard occidentali la Cambogia era povera e primitiva. La maggior parte del nostro popolo era costituito da contadini che vivevano della terra. Aspettavamo passivamente che le piogge colmassero d'acqua le nostre risaie. Pescavamo piccoli pesci e raccoglievamo frutti selvatici. Nemmeno le nostre classi più agiate, costituite da mercanti e funzionari governativi corrotti a Phnom Penh, erano veramente ricche. Nonostante tutto il suo fascino, con tutte le sue aiuole e gli ampi viali, Phnom Penh era un posto quieto in cui non accadeva molto al di là del trambusto del mattino nei mercati e le lunghe sieste ad ora di pranzo. E tuttavia, quanto eravamo fortunati in confronto ai nostri vicini! La Cambogia era in pace. Nessuno era costretto a vivere in "villaggi strategici" circondati da filo spinato. Potevamo vivere dove volevamo e fare quel che volevamo. Pochi venivano oppressi, oltre il livello di oppressione e di corruzione normale per le società asiatiche. La vita scorreva lungo gli antichissimi schemi. In mattinata, i monaci facevano il loro giro silenzioso raccogliendo elemosine. A metà giornata, i contadini rientravano dai loro campi per riposare all'ombra nella loro abitazioni, e le donne anziane masticavano noci di betel e tessevano sui telai i loro abiti. Di notte i villaggi risuonavano delle musiche di strumenti fatti in casa e di tamburi.
  • Per i cambogiani il riso non è un contorno. Il riso è il centro dei nostri pasti, un mezzo pulito, neutro che esalta il gusto degli altri cibi che gli aggiungiamo. Tradizionalmente, fino a che i Khmer Rossi presero il potere, avevamo mangiato riso quotidianamente. Sotto i Khmer Rossi, a malapena mangiavamo riso – e neppure riso come dovrebbe essere, con ogni chicco separato e umido, e riso pulito, col vapore fragrante che sale dalla ciotola.
  • [...] lo spargimento di sangue fra i khmer va fermato, e tutti i khmer devono cooperare nel difendere e sviluppare una Cambogia indipendente, pacifica, unità e democratica sotto l'ombrello della monarchia, che risale dall'era di Angkor. La monarchia deve essere conservata ed accompagnata da un regime democratico in accordo con lo sviluppo della nostra patria e tutte le nazioni del mondo.
  • Nel 1978, la carestia non esisteva in Kampuchea. Il nostro popolo aveva cibo sufficiente, e avevamo già firmato un contratto per esportare il riso ai paesi africani. Avevamo scorte di vestiti, sale e materiali tessili, tutte per il tenore di vita del nostro popolo.
    Dopo l'aggressione vietnamita, tutti questi sono stati distrutti. Durante questi dieci mesi di aggressione vietnamita, un milione del nostro popolo è morto. Mezzo milioni sono stati assassinati dai vietnamiti e mezzo milioni sono morti di fame. Gli aggressori vietnamiti hanno appositamente creato una situazione di carestia per sterminare il nostro popolo.
  • Siamo dell'opinione che se i khmer continuano ad ammazzarsi fra di loro, la nostra nazione verrà vanificata.
  • Sono nato un nazionale khmer, quindi accetto qualsiasi regime che guida la nazione khmer verso il progresso e la solidarietà.
  • La maggior parte dei cambogiani sono buddisti, e il buddismo ispira i gentili, i passivi, e venera l'armonia tra gli esseri umani e la loro terra, non la supremazia su di essa.
  • Più di 40 anni fa, il bombardamento della Cambogia di Nixon e Kissinger provocò un mare di sofferenze da cui quel Paese non si è mai più ripreso.
  • Quando venni in Cambogia nel 1967, Phnom Penh era la città più bella dell'Asia sudorientale. Forse è troppo facile per uno straniero di romanzare un tale posto, ma volare sopra il fiume Mekong da Saigon tormentata e nevrotica significava ribadire la mia convinzione che se gli eserciti stranieri fossero stati alla larga da questi popoli, essi avrebbero affermato la loro civiltà e misurato la loro propria prosperità. Certo, c'era il feudalismo e la corruzione, ma non c'era alcuna guerra, alcuna strage, alcun napalm, e la famiglia cambogiana era una fortezza a cui non mancava niente. E ora, questa deliziosa città è una rovina carbonizzata di quella visione.
 
Norodom Sihanouk nel 1941
  • Fra le tribù del pacifico meridionale, la Malesia e l'Indonesia, c'è un fenomeno detto amok. Ogni tanto, il popolo viene posseduto dall'amok, e diventa violento e crudele. Anche noi cambogiani ce l'abbiamo, perché apparteniamo alla stessa famiglia di popoli oceanici.
  • Ho pianto, ma non spesso, perché noi cambogiani nascondiamo le nostre sofferenze dietro un muro di sorrisi. Se permettete, preferiamo piangere nel cuore, sanguinare dentro, e non fuori.
  • Il povero e umile popolo di Cambogia non mi critica. Non hanno risentimenti, perché si identificano in me. Certi profughi intellettuali dicono che il principe balla, canta e suona musica mentre il nostro popolo soffre. Ma allo stesso tempo il popolo balla. Ho delle foto di molti cambogiani che godono del medesimo stile di vita. Ricchi o poveri, amiamo ballare, la musica e le rappresentazioni artistiche. È così che viviamo. Nei campi profughi, hanno le loro orchestre tradizionali e moderne. Hanno le loro compagnie di ballo. Ballano, bevono. Questo è lo stile di vita cambogiano.
  • I vietnamiti sono entrati in Cambogia per assorbirla, per vietnamizzarla fisicamente. Stanno incoraggiando i cambogiani a fuggire, per svuotare Cambogia, per poi riempirla di vietnamiti.
  • Prima della guerra del 1970, la Cambogia aveva una popolazione di più di sette milioni di abitanti. Eravamo un popolo gentile, tollerante, amante della pace e della libertà individuale, e devoto alla religione. Sei milioni di cambogiani erano buddisti, circa cinquecentomila erano musulmani e circa cinquantamila erano cattolici. La nostra agricoltura era rigogliosa. Avevamo terre fertili. Ogni anno potevamo esportare un'eccedenza di riso, di mais, di gomma e di pesce. Anche senza lavorare sodo, la nostra vita era buona.
  • Sapete, io dico che siamo un popolo pacifico, ma abbiamo sofferto di tante guerre da quando siamo diventati uno stato durante il periodo di Angkor. Sin d'allora, abbiamo avuto guerra, guerra, guerra.
  • Sapete, la situazione in Cambogia sotto Pol Pot non era poi così male per tutti. I Khmer Rossi avevano i loro sostenitori. Prendevano cura dei contadini poveri e dei giovani che avevano separato dai loro genitori. C'è ora una nuova generazione che non sa tanto sugli orrori dei Khmer Rossi. Ora sono le nuove reclute.
  • [...] tutta la miseria di Cambogia provviene dagli Stati Uniti. Viene dalla politica di Nixon-Kissinger volta a distabilizzare il mio regime negli anni sessanta ed appoggiare Lon Nol. Avete perso la guerra nell'Asia sudorientale perché i regimi che appoggiavate in Indocina erano molto, ma molto impopolari, molto corrotti.
  • Voglio che mio paese sia indipendente, sempre indipendente.
 
Pol Pot
  • Conosciamo tutti l'Angkor del passato. Angkor fu costruita durante il periodo schiavista. Furono i nostri schiavi che lo costruì sotto il giogo delle classi sfruttatrici dell'epoca per il divertimento del re. Se il nostro popolo è stato capace di costruire Angkor, può costruire qualsiasi cosa.
  • I nostri confini odierni sono il risultato desolante di ondate successive di aggressioni, espansioni e annessioni straniere.
  • Il nostro popolo è unito col Partito. È soddisfatto col regime collettivista da cui godono ogni bene, soprattutto i proletari, che costituiscono più del 90% della popolazione.
  • Il nostro popolo ha osato scontrarsi con gli invasori stranieri in ogni era. Ha osato lottare contro gli invasori francesi, ha osato lottare contro gli invasori giapponesi e statunitensi. Ha sempre osato lottare.
  • Il nostro popolo non nutre alcuna ostilità verso nessuno, né abbiamo alcuna intenzione di comettere aggressioni o espandere il nostro territorio in quello d'un altro. Non vogliamo nemmeno un centimetro di terra che appartiene a qualcun altro. Il nostro è un paese piccolo con una popolazione piccola. Il sistema politico della Kampuchea Democratica non ci permette assolutamente di assalire un altro paese. Un paese piccolo e debole, di norma, non va a inghiottire un paese grande. La storia mondiale ci dimostra che solo la classe dirigente reazionaria dei paesi grandi, tipo quella di Hitler, inventa pretesti per provocare e accusare i paesi piccoli di trasgressione, per poi usare tali pretesti per giustificare la sua propria aggressione ed espansionismo.
  • In quel periodo [prerivoluzionario], la Kampuchea era un satellite dell'imperialismo, soprattutto quello statunitense. Perciò, la Kampuchea non era né indipendente né libera. Era una mezza-colonia, in una posizione di dipendenza dall'imperialismo in generale, e specificamente quello americano.
  • La cultura della Kampuchea Democratica è nuova: una cultura nazionale e progressista basata sulla tradizione nazionale. Dalle tradizioni nazionali, mantenniamo solo ciò che è progressista e utile alla nostra rivoluzione.
  • La Kampuchea ha già una storia lunga più di duemila anni. Questa storia dimostra che la società kampucheana, come in ogni società, ha attraversato un numero di fasi diverse. Attraversò una fase di comunismo primitivo. Dopo il comunismo primitivo entrò in un periodo di schiavitù, e poi in quello feudale. Infine, entrò nella fase del capitalismo. Solo recentemente, dopo il periodo capitalista, la società kampucheana è entrata in una nuova era, l'era della società socialista. Così, abbiamo attraversato tutte le fasi storiche.
  • La storia del nostro paese dimostra chiaramente l'esistenza di due classi nella società feudale. Questi sono la classe dei feudalisti e dei proprietari, e la classe contadina. I feudalisti e i proprietari erano i signori della guerra che sfruttarono in ogni modo la classe contadina. Così, i contadini sfruttati entrarono in contrasto con la classe dei feudalisti e dei proprietari, ribellandosi. Questa lotta si sparse ovunque nel paese. Certi movimenti contadini furono abbattuti e distrutti, mentre altri sconfissero i feudalisti e i proprietari. Ma i movimenti contadini che ottennero la vittoria non ebbero una linea politica che avrebbe potuto servire la classe contadina o porrere fine allo sfruttamento. Al contrario, in alcuni luoghi, i vincitori divennero feudalisti, proprietari o signori di guerra e in tal modo divennero i nuovi sfruttatori della classe contadina. I contadini sfruttati accettarono questi nuovi feudalisti, proprietari e signori della guerra? Certo che no! I contadini lottarono per sconfiggere i nuovi sfruttatori, come fecero in passato.
  • Nella Kampuchea Democratica, non è il tribunale che risolve le contraddizioni fra il popolo, come nel vecchio regime: è il popolo stesso che risolve tutti i problemi, sia nelle fabbriche che nelle cooperative.
  • Per più di duemila anni, il nostro popolo ha vissuto nella disgrazia e nell'ombra più oscura, senza alcuna luce.
    Poi venne l'alba. Il giorno più glorioso per tutto il nostro popolo fu il 17 aprile 1975. Perciò, 17 aprile è il titolo del nostro inno nazionale.
  • Ho conosciuto la Cambogia molto prima che i khmer rossi decimassero i suoi abitanti. Era il paese del sorriso. Uomini e donne sorridevano spesso. Tutte le favole, i racconti che erano alla base della cultura popolare cominciavano con episodi carichi di ironia, di sensualità, di allegria. Erano popolati di personaggi pittoreschi: re stravaganti nella loro onnipotenza e prepotenza; contadini sempliciotti, ma anche scaltri, come Bertoldi. E con loro animali svegli e intelligenti come esseri umani: tigri aggressive, conigli furbi, coccodrilli avidi. Ma più ci si addentrava in quelle fiabe e più si moltiplicavano gli episodi irrazionali che precipitavano in tragedie, in improvvise esplosioni di crudeltà.
  • I cambogiani sono un popolo di filosofi. Ne sono convinto da tempo.
  • Un tempo il sorriso khmer era celebre. Si diceva che la Cambogia fosse il paese del sorriso. Ed è vero che i suoi abitanti sorridono spesso. Io stesso ne sono stato a lungo affascinato. Ma è ormai da tempo che ho qualche sospetto sulla loro autenticità, o meglio ancora sulla lettura che si deve fare di quei sorrisi. Tutte le favole, i racconti che sono alla base della cultura popolare cambogiana cominciano con dettagli ironici, a volte allegri, con episodi carichi di sensualità, sono ricchi di personaggi pittoreschi, re onnipotenti e bizzarri, conigli furbi, coccodrilli avidi, contadini sempliciotti, ma finiscono tutti tragicamente, si concludono precipitosamente con fatti irrazionali, con esplosioni di crudeltà che restano impunite. In When the War Was Over Elizabeth Baker, dice che quel gusto per il macabro sotto certi aspetti assomiglia a quello dei fratelli Grimm. Ma la morale non è la stessa. Le fiabe cambogiane cominciano col sorriso e terminano nella violenza. Una violenza che cresce a valanga, e che è fine a se stessa. Anche la storia dei khmeri rossi è cominciata con grandi sorrisi ed enormi speranze. Come si chiuderà l'ultimo atto della tragedia?

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