Michelangelo La Barbera

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Michelangelo La Barbera (Palermo, 10 settembre 1943) è un mafioso italiano, membro della "Commissione provinciale" di Cosa Nostra.

Biografia

Affiliato alla cosca di Boccadifalco ed era inizialmente alleato dei boss Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo, ma si schierò con i corleonesi nella seconda guerra di mafia insieme al cugino Salvatore Buscemi uccidendo con le modalità della lupara bianca Calogero Di Maggio e Santo Inzerillo (rispettivamente zio e fratello del boss Salvatore).[senza fonte]

Dopo la condanna del cugino, La Barbera divenne capo della cosca di Boccadifalco e membro della commissione che tra settembre 1991 e gennaio 1992 decise l'omicidio di Salvo Lima e gli stragi dei giudici Falcone e Borsellino. Nel 1993, per fermare la caccia dello Stato come conseguenza delle stragi di Falcone e Borsellino, La Barbera insieme a Bernardo Provenzano, Raffaele Ganci, Salvatore Cancemi, Pietro Aglieri e Benedetto Spera sono contrari alla continuazione delle stragi nell'Italia continentale invece Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, fratelli Graviano e Matteo Messina Denaro volevano le stragi.[senza fonte]

Detenzione e sentenze

La Barbera fu arrestato il 4 dicembre 1994[1] dopo 8 mesi di latitanza ed è stato condannato a 3 ergastoli di carcere duro in base all'articolo 41 bis per i seguenti reati delittuosi:

  • Nel 1997, La Barbera venne condannato all'ergastolo nel processo per la strage di Capaci, insieme con i boss Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Pietro Aglieri, Bernardo Brusca, Giuseppe Calò, Raffaele Ganci, Nenè Geraci, Benedetto Spera, Nitto Santapaola, Salvatore Montalto, Giuseppe Graviano e Matteo Motisi.[2][3]
  • Nel 1998, La Barbera subì l'altro ergastolo per l'omicidio Lima con i boss Salvatore Riina, Francesco Madonia, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Salvatore Montalto e il figlio Giuseppe, Salvatore Buscemi, Nenè Geraci, Raffaele Ganci, Antonino Giuffrè, Salvatore Biondino, Simone Scalici e Salvatore Biondo.[4]
  • Nel 1999 a La Barbera fu comminato l'ergastolo nel processo per la strage di via D'Amelio; insieme a lui furono condannati alla stessa pena i boss Giuseppe "Piddu" Madonia, Nitto Santapaola, Giuseppe Calò, Giuseppe Farinella, Raffaele Ganci, Antonino Giuffrè, Filippo Graviano, Bernardo Provenzano, Salvatore Montalto e il figlio Giuseppe, Salvatore Biondo, Cristoforo Cannella, Domenico Ganci e Stefano Ganci.[5]

Assoluzioni

  • Nel 2002, venne assolto dall'accusa di essere uno dei due esecutori materiali dell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli.[6]

Note

Voci correlate

Mafia

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