Nicola Giunta

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(Reggino)

«Nani su' iddi e vonnu a tutti nani,
nci vannu terra terra, peri e mmani
[...]
Nimici d'iddi stessi pi ppuntiggiu,
e i cchiù fissa dû mundu sunnu a Rriggiu!»

(IT)

«Loro sono nani e vogliono tutti nani,
vanno terra terra, piedi e mani
[...]
Nemici di se stessi per puntiglio,
i più fessi del mondo sono a Reggio!»

(Reggino)

«Chistu è u paisi aundi si perdi tuttu,
aundi i fissa sunnu megghiu i tia,
u paisi i m'incrisciu e mi 'ndi futtu
ed ogni cosa esti fissaria.»

(IT)

«Questo (Reggio Calabria, ndr) è il paese dove tutto si perde,
dove i fessi sono meglio di te,
il paese del "mi annoio" e "me ne frego"
ed ogni cosa è (considerata) fesseria»

Nicola Giunta (Reggio Calabria, 18951968) è stato uno scrittore e poeta dialettale italiano.

Personaggio molto eclettico e molto attivo nella vita pubblica della Reggio agli inizi del XX secolo.

Biografia

Giunta si interessò di teatro lirico, studiò infatti presso il Conservatorio di Napoli, fu cantante baritono in diversi palcoscenici italiani ed anche a Londra.

Poi divenne direttore della Biblioteca civica di Reggio Calabria (oggi Biblioteca Pietro De Nava) dove, durante la sua attività ebbe modo di conoscere diversi intellettuali italiani, tra cui Benedetto Croce, Guido Mazzoni, Raffaele Corso e Giuseppe Casalinuovo.

Durante la giovinezza il poeta visse i primi anni dell'esperienza delle avanguardie, ma per ciò che riguarda il ruolo di scrittore, risulta chiaro che Giunta seguì il richiamo della tradizione del Carducci e del D'Annunzio. La sua caratteristica più peculiare è rappresentata infatti dalla tendenza al poema e al canto proprio in un momento in cui in poesia dominava l'asciuttezza.

Nell'arco della sua vita Nicola Giunta scrisse poesie che sono rimaste immortali nel cuore dei reggini, ritratti spesso in maniera impietosa, ma che hanno ricambiato l'attenzione del poeta, citando spesso con un pizzico di autoironia ed autocritica, le poesie del proprio concittadino.

C'è da dire infatti che Giunta visse completamente la sua città, conosceva i reggini in tutte le loro sfaccettature, amava i loro pregi ed i loro difetti, le loro manie e le loro grandezze. Per questo motivo Giunta è divenuto proprio il simbolo della "coscienza autocritica" del reggino che si rivede per come è nelle parole del poeta e che si vorrebbe diverso.

La vita di Nicola Giunta fu comunque travagliata e per certi versi anche amara, dunque la sua poesia è "impietosa" con i concittadini forse proprio per questo motivo.
Durante il regime fascista, subì persecuzioni che lo terrorizzarono. Si racconta che un gruppo di squadristi (guidati da un fanatico fascista di nome Pitea) lo arrestò, portandolo nei pressi di Piazza Garibaldi a Reggio Calabria, e lo obbligò a bere l'olio di ricino. Fu allora che gridò una delle sue frasi rimaste più celebri: "Purgo il corpo ma non lo spirito". Sotto queste pressioni incalzanti delle autorità fasciste, si iscrisse al partito fascista, per poi lasciarlo dopo soli tre giorni. Dopo la caduta del fascismo, aderì alle idee e ai valori della sinistra.

In ogni caso la popolazione di Reggio Calabria, molto attenta al proprio poeta, ne ha negli ultimi anni stabilito la figura in tutto il suo spessore, riscoprendone l'opera anche grazie ad accorte operazioni di ristampa dei suoi lavori.

Ciò ha portato a scoprire che il Giunta fu precursore nel biasimare il cattivo gusto dei reggini, nel condannarne le cattive abitudini e nello stigmatizzarne la natura anche antropologica, egli dipinse la forma mentis del reggino meglio di chiunque altro abbia precedentemente provato a farlo.

Grazie all'ironia e all'uso del vernacolo, il poeta riuscì infatti meglio di molti altri a "vedere" nei meandri della psicologia dei suoi concittadini, esplorando verità universali e fondamentali, che fanno parte dell'intero genere umano, e non solo del cittadino di Reggio di cui Giunta fa satira per dare segno di un'attenzione a quella che è una condizione del tutto umana.

Così l'abitante di Reggio Calabria diventa simbolo dell'uomo del ventesimo secolo in un infinità di contraddittori rimandi e di situazioni al limite della comprensione dentro le quali si può evincere la condizione dell'essere umano nel secolo delle due guerre mondiali e dei capolavori di Musil, James Joyce e Franz Kafka.

Dunque gli uomini del Novecento della letteratura mitteleuropea (il Leopold Bloom di Joyce senza una casa, l'agrimensore perduto dentro al suo castello che non capisce) non sono altro che quelli di Giunta.

I Reggini che egli tanto odia ed ama, finiscono col divenire la sua vita e la sua opera un ossimoro che contraddistingue dunque la letteratura calabrese del XX secolo.

Bibliografia

  • Nicola Giunta, Fauliata (1946), Rhegium Julii Reggio Calabria, 1986
  • Nicola Giunta, "Poesie dialettali", Antologia a cura di Antonio Piromalli (seconda edizione con aggiunte), Gangemi Editore, Roma, 1995, ISBN 88-7448-613-8
  • Intervento sul numero dedicato a Vittorio Butera della rivista "Scrittori calabresi" - Pag. 36 - gennaio/aprile 1956;
  • Nicola Giunta, prefazione al libro di Raffaele Sammarco Poesie Edizioni Febea Reggio di Calabria 1956

critica:

  • AA.VV., "Nicola Giunta, l'uomo, l'opera", a cura dell'Amministrazione comunale di Reggio Calabria, 1980.
  • M. Chiesa e G. Tesio, "Le parole di legno. Poesie in dialetto del Novecento italiano", Milano, 1958;
  • "Poesia dialettale dal Rinascimento ad oggi", edito da G. Spagnoletti e C. Viviani.
  • Antonio Piromalli, "La letteratura calabrese", Pellegrini Editore, Cosenza, 1996, Vol. 2, pag. 165 - 174;


Note

  1. ^ Tratto dal libro "Poesie Dialettali" - Edizioni Casa del Libro, 1977

Voci correlate