Decio Raggi

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Decio Raggi (Savignano di Rigo, 29 settembre 1884Cormons, 24 luglio 1915) è stato un militare italiano, primo decorato con medaglia d'oro al valor militare nella Grande Guerra. Tenente dell'esercito italiano, alfiere di gloria della Brigata Casale, il cosiddetto Reggimento dei Forlivesi, che, durante la Guerra, si guadagnò il nome di Gialli del Calvario.

Tenente Decio Raggi

Biografia

Nato in una frazione del comune di Sogliano, in provincia di Forlì, si laureò in legge all'Università di Bologna.

Si pose, insieme al proprio professore e mentore Giacomo Venezian, tra gli interventisti più ardenti allo scoppio del conflitto mondiale. Per questo si trovò tra i primi a partecipare alle operazioni di guerra.

Da questo momento la figura di Decio Raggi si trasporta verso il mito, e si confonde con il mito più grande delle azioni di guerra della Brigata Casale, dei fanti delle sanguinose giornate del monte Calvario e di Gorizia. Decio Raggi non è solo il simbolo dell'eroismo universitario, ma anche dell'eroismo romagnolo, di cui la Brigata gialla è l'incarnazione più evidente.

Ciò che è certa è la sua partecipazione nei reiterati assalti tricolori al fortino austro-ungarico, alle pendici del Monte Calvario (o Podgora), a capo della Nona compagnia dell’Undicesimo Reggimento. Il 19 luglio 1915 usci in azione, insieme alla sua compagnia, con lo scopo di aprire un varco nel reticolato avversario alle pendici occidentali del Podgora. L’avanzata procedeva lentamente per le difficoltà del terreno e per il nutrito fuoco nemico. La Nona compagnia prese d’assalto una trincea austriaca e in prima fila in tenente Raggi salì in piedi sul lato della trincea, sfidando il fuoco nemico e dando prova di coraggio, per incitare i suoi uomini a resistere e a combattere, al grido "un gnié piò inciun", in un genuino dialetto romagnolo. Fu colpito da un proiettile, ma riuscì a ripiegare tra le linee amiche. Morì cinque giorni dopo in ospedale, continuando con le sue ultime parole a dare coraggio e forza alla sua compagnia.

La figura di Decio Raggi fu molto ammirata dalle giovani generazioni del Fascismo. Agli studenti veniva insegnato come esempio da seguire: in essa potranno vedere un vero uomo, o meglio un vero giovane di un nostro tempo: giovane che passati i furori umani e bellissimi dell'adolescenza e della goliarda, s'appresta giunto alla sua maturità a considerare la vita come una cosa seria, il lavoro come una cosa alta, e la Patria come l'ideale supremo[1].

In una lettera dal fronte scrive:

«Il posto d'onore e del dovere è qui in prima linea, fra i soldati nostri; e quando si compie il proprio dovere, quando si sta senza transizioni e compromessi con la propria coscienza al proprio posto, niente si ha da temere, qualunque cosa avvenga.»

Nel suo testamento spirituale, scritto pochi giorni prima della morte, scrive:

«O gioventù italiana, invidiate la mia sorte fortunata! Nel nome santo di Dio e nella speranza di una vita migliora per la grandezza, per l'unità, per l'onore della Patria, per la libertà e l'indipendenza dei fratelli oppressi, nel nome sacro d'Italia, nell'amore e per l'amore di tutto ciò che è italiano, io muoio beato. Né le fatiche, né i pericoli, né la fame, né la sete, né le veglie, né i disagi hanno mai scosso la mia fede nelle nostre giuste aspirazioni nazionali, l'amore agli italiani oppressi, l'odio contro i vecchi e nuovi tiranni nostri oppressori. Quindi voi che mi volete bene non abbandonatevi ad inutili rimpianti, ma coltivate l'amore per me, come l'animo mio si nutrirà ancora di tale amore per voi. Il mio corpo, se è possibile, riporti nel mio paese presso gli altri miei cari. Date fiori a che morì per la Patria.»

Onorificenze

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Nobilissimo esempio di mirabile eroismo, sotto il grandinare dei proiettili, superate le fortissime insidiose difese avversarie, si slanciava, primo, sulla trincea nemica e, ritto su di essa, sfidando la morte pur di trascinare i suoi soldati all'audace conquista, li incitava e li incuorava invocando le tradizioni della forte Romagna e, colpito a morte, nel sacrificare la generosa vita alla Patria, li spronava ancora a compiere l'impresa valorosa, si chiamava beato della sua sorte ed inneggiava al glorioso avvenire dell'Italia.»
— Podgora, 19 luglio 1915.[2]

Note

  1. ^ Decio Raggi – Giallo del Calvario di G.Zoboli.
  2. ^ www.quirinale.it - onorificenze, su quirinale.it. URL consultato il 14-04-2009.

Bibliografia

Romagna Eroica – Raccolta di biografie, fotografie e ricordi dei romagnoli caduti in guerra, casa editrice La Romagna Forlì, 15 agosto 1919.

Collegamenti esterni