Epatite B
Epatite B | |
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Virus dell'epatite B | |
Specialità | infettivologia |
Eziologia | Hepatitis B virus |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
ICD-9-CM | 070.2 e 070.3 |
ICD-10 | B16, B18.0 e B18.1 |
OMIM | 610424 |
MeSH | D006509 |
MedlinePlus | 000279 |
eMedicine | 177632 e 964662 |
L'epatite B è una malattia infettiva, causata dal virus HBV, appartenente alla famiglia Hepadnaviridae, che colpisce il fegato degli hominoidea.
Originariamente nota come "epatite da siero"[1], la malattia è causa di epidemie in alcune parti dell'Asia e in Africa ed è a carattere endemico in Cina[2]. Circa un quarto della popolazione mondiale, più di due miliardi di persone, è stato contagiato dal virus dell'epatite B[3] ed esistono circa 350 milioni di portatori cronici del virus[4].
La trasmissione di epatite B avviene tramite esposizione a sangue infetto o a fluidi corporei come sperma e liquidi vaginali, mentre il DNA virale è stato rilevato anche nella saliva, nelle lacrime e nell'urina di portatori cronici con alto titolo nel siero sanguigno[3][5]. Il virus dell'epatite B non può essere però trasmesso attraverso il contatto casuale, come per esempio il tocco delle mani, la condivisione di posate o bicchieri, l'allattamento, baci, abbracci, tosse o starnuti[6]. Il virus è comunque in grado di sopravvivere fino a 7 giorni nell'ambiente.
La malattia provoca un'infiammazione acuta del fegato, vomito, ittero e, raramente, porta alla morte. L'epatite B cronica può causare cirrosi epatica e cancro al fegato, una malattia mortale con una scarsa risposta alla chemioterapia[7]. L'infezione si può prevenire con la vaccinazione[8].
Si calcola che ogni anno muoiano 600.000 persone per le conseguenze dell'epatite B.
Nel caso l'infezione coinvolga un bambino non vaccinato, evento possibile per varie cause (alla nascita, dalla madre infetta anche se asintomatica; per contatto con tagli o ferite aperte di adulti o altri bambini infetti, ecc.), lo sviluppo di condizioni croniche avviene con una frequenza variabile tra l'80-90% dei casi (in caso di infezione nel primo anno di vita) e il 50-60% (nel caso di infezione prima dei 6 anni).[3]
Per prevenire questi rischi, la posizione ufficiale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità è che tutti i neonati dovrebbero ricevere la loro prima dose di vaccino entro le prime 24 ore dalla nascita[9]; il Vaccino antiepatite B è efficace nel 95% dei casi nel prevenire l'infezione e le sue conseguenze croniche, ed è stato il primo vaccino ad essere sviluppato come forma di prevenzione contro gravi tumori.
Il vaccino antiepatite B è considerato particolarmente sicuro[3]; gli effetti collaterali sono, come per gli altri vaccini, rari e molto blandi (arrossamento della pelle nel punto dell'iniezione, febbre leggera di breve durata); nonostante numerosi studi a lungo termine, non è mai emersa evidenza di gravi eventi avversi causalmente connessi alla vaccinazione [10].
Cenni storici
La prima testimonianza di una epidemia provocata dal virus dell'epatite B è stata fatta da Lurman nel 1885[11]. Un'epidemia di vaiolo si è verificata a Brema nel 1883 e 1.289 dipendenti di un cantiere erano stati vaccinati con il siero di altre persone. Dopo diverse settimane, e fino a otto mesi più tardi, 191 dei lavoratori vaccinati si ammalò di itterizia e gli fu diagnosticata epatite siero. Gli altri dipendenti che erano stati inoculati con differenti lotti di linfa rimasero sani. Uno scritto di Lurman, ora considerato come un classico esempio di uno studio epidemiologico, ha dimostrato che il siero contaminato è stato l'origine del focolaio. In seguito, numerosi focolai simili sono stati riportati a seguito dell'introduzione, nel 1909, di aghi ipodermici che venivano riutilizzati per il trattamento della sifilide. Il virus non è stato comunque scoperto fino al 1965, quando Baruch Blumberg, che allora lavorava presso il National Institutes of Health, ha scoperto l'antigene Australia (più tardi conosciuto per essere antigene di superficie dell'epatite B, o HBsAg) nel sangue di australiani aborigeni[12]. Un virus era comunque stato sospettato a partire dallo studio pubblicato da MacCallum nel 1947[13]. Nel 1970, grazie al microscopio elettronico venne visualizzato il virus e nei primi anni ottanta il genoma del virus è stato sequenziato[14] e furono testati i primi vaccini[15].
Epidemiologia
Nel 2004, si stima che ci siano 350-400 milioni di portatori cronici dell'epatite B in tutto il mondo e che un terzo della popolazione mondiale sia portatrice di anticorpi specifici del virus (e che quindi abbia contratto il virus nel corso della propria vita). La prevalenza di malati varia da oltre il 10% in Asia allo 0,5% negli Stati Uniti e in Europa settentrionale. Si stima che ogni anno 4,5 milioni di soggetti contraggano il virus e che solo una parte di essi vada incontro ad epatite cronica, cirrosi ed epatocarcinoma cellulare; secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, l'epatite B provoca oltre 600 000 decessi annui per le conseguenze croniche della malattia[16].
Le vie di infezione includono la trasmissione verticale (ad esempio attraverso il parto), la trasmissione orizzontale nei primi anni di vita (morsi, lesioni e le abitudini sanitarie) e da adulti (contatto sessuale, uso di droghe per via endovenosa)[17]. In zone a bassa prevalenza, come i territori continentali degli Stati Uniti e l'Europa occidentale, l'iniezione di droghe e i rapporti sessuali non protetti sono le vie principali di infezione, anche se altri fattori possono risultare importanti[18]. In aree di prevalenza moderata, che comprendono l'Europa orientale, Russia e Giappone, in cui 2-7% della popolazione è cronicamente infetta, la malattia è diffusa soprattutto tra i bambini. Nelle zone di alta prevalenza come la Cina e Sud Est Asiatico, la trasmissione durante il parto è la modalità più frequente[19]. La prevalenza dell'infezione cronica da HBV nelle aree di alta endemicità è almeno l'8%. Nel 2010, la Cina aveva 120 milioni di persone infette, seguita da India e Indonesia con 40 milioni e 12 milioni rispettivamente.[20]
La maggioranza dei soggetti infetti nei paesi dell'Europa Occidentale, ha un'infezione di lunga durata, sostenuta dal ceppo mutante sull'"e" o e-minus, questo poiché l'introduzione capillare della vaccinazione ha notevolmente ridotto i nuovi casi di infezione. Nei paesi dell'Europa dell'Est, in Asia ed Africa, dove invece la frequenza di nuove infezioni è ancora alta, la maggioranza dei soggetti è infetta dal ceppo selvatico o wild-type[21][22][23].
Meccanismi
Patogenesi
Il virus dell'epatite B interferisce principalmente con le funzioni del fegato replicandosi nelle sue cellule, note come epatociti. Il recettore non è ancora noto[24][25]. I virioni di HBV si legano alla cellula ospite tramite l'antigene di superficie e successivamente vengono interiorizzati per endocitosi. Recettori specifici HBV sono presenti principalmente sugli epatociti, tuttavia il DNA virale e le proteine sono state rilevate anche in siti extraepatici, suggerendo che i recettori cellulari per l'HBV possano esistere anche su cellule extraepatiche[26].
Durante l'infezione da HBV la risposta immunitaria causa sia il danno epatocellulare che la clearance virale. Anche se la risposta immunitaria innata non gioca un ruolo significativo in questi processi, la risposta immunitaria, con i linfociti citotossici in particolare, contribuisce alla maggior parte dei danni al fegato associati con l'infezione da HBV[27].
Trasmissione
La trasmissione di epatite da virus B deriva da esposizione a sangue infetto o fluidi corporei contenenti sangue. Si può trasmettere:[28]:
- via parenterale (dal greco parà ènteron, ovvero "al di fuori dell'intestino"), ossia con il contatto su mucose o ferite di sangue infetto, con lesioni accidentali da aghi o altri taglienti infetti, strumentario medico chirurgico non opportunamente sterilizzato ed infine, evenienza assai rara oggi dal momento che si fanno controlli sierologici, con la pratica delle emotrasfusioni;
- via parenterale inapparente, ossia tramite l'uso di oggetti che possono creare microtraumi cutanei, per esempio rasoi e forbici da unghie infetti;
- transplacentare e perinatale, al neonato da parte di madre infetta;
- via sessuale
- stando a contatto o convivendo con animali di fogna (blatte) che si trovano soprattutto in Paesi poveri come l'Africa, l'India o la Cina.
L'HBV può essere trasmesso tra familiari all'interno delle famiglie, prevalentemente per il contatto di pelle non intatta o delle mucose con secrezioni o saliva contenente HBV[29][30]. Tuttavia, almeno il 30% delle segnalazioni di epatite B tra gli adulti non può essere associato ad alcun fattore di rischio identificabile[31].
Virologia
Il virus dell'epatite B appartiene alla famiglia degli Hepadnaviridae e presenta un genoma a DNA a doppio filamento circolare e un virione icosaedrico rivestito. Per la replicazione sfrutta la trascrittasi inversa, fa perciò parte dei virus a DNA a trascrizione inversa (detti anche retrovirus a DNA), del gruppo VII della Classificazione di Baltimore, attraverso una forma intermedia ad RNA e l'uso di una trascrittasi inversa che lo fa assomigliare ai retrovirus[32].Se ne conoscono quattro sierotipi: adr, ADW, Ayr, ayw[33][34][35].
Anche se la replicazione avviene nel fegato, il virus si diffonde nel sangue dove, nelle persone infette, si possono trovare le proteine specifiche del virus e i suoi corrispondenti anticorpi. Esami del sangue per queste proteine e anticorpi sono utilizzati per diagnosticare l'infezione[36].
Sintomatologia
I quadri clinici di infezione da HBV sono abbastanza variegati:
L'infezione acuta da virus dell'epatite B è associata a epatite virale acuta, una malattia che esordisce con un malessere generalizzato, perdita di appetito, nausea, vomito, dolori muscolari, febbre lieve, urine scure, e procede quindi allo sviluppo di ittero (dovuto ad un aumento della bilirubina nel sangue). È stato notato che il prurito può essere un possibile sintomo di tutti i tipi di virus dell'epatite. La malattia si protrae per un paio di settimane e poi migliora gradualmente nella maggior parte delle persone colpite.
Alcuni pazienti possono avere una malattia più grave del fegato (insufficienza epatica fulminante) e possono morire a causa di essa. In altri casi l'infezione può essere anche del tutto asintomatica e può non essere riconosciuta[37].
L'infezione cronica da virus dell'epatite B può essere asintomatica o può essere associata ad una infiammazione cronica del fegato (epatite cronica), che può condurre alla cirrosi dopo un periodo di diversi anni.
Questo tipo di infezione aumenta drammaticamente l'incidenza di carcinoma epatocellulare (tumore del fegato).
I portatori cronici sono incoraggiati ad evitare di consumare alcol, in quanto aumenta il rischio di cirrosi e cancro del fegato.
Il virus dell'epatite B è stato collegato allo sviluppo di glomerulonefrite membranosa[38]. Il portatore asintomatico è in grado di trasmettere la malattia anche per molti anni.
Storia naturale della malattia
La storia naturale dell'infezione è completamente diversa a seconda che l'infezione venga contratta nella prima infanzia, nel qual caso si assiste ad una percentuale di cronicizzazione in oltre il 90% dei casi, o in età adulta[39]. In quest'ultimo caso la guarigione avviene in oltre il 90% dei casi. La guarigione si manifesta dal punto di vista laboratoristico con la scomparsa della proteina HBsAg e con la comparsa di un livello di anticorpi contro questa proteina, detti HBsAb, protettivo, cioè maggiore di 10 U. La persistenza dell'HBsAg, e quindi dell'infezione, oltre 6 mesi definisce lo stato di epatite B cronica[40].
La presenza dell'anticorpo HBeAb e di una bassa carica virale nel sangue trasforma il soggetto da un paziente con epatite B attiva ad un "portatore inattivo", capace di infettare altri soggetti, ma comunque a rischio di possibile futura riattivazione virale, e in una situazione minimamente evolutiva se non per nulla evolutiva. A questo punto, dopo la comparsa dell'HBeAb e lo spegnimento del processo epatitico si possono verificare due circostanze:
- Nel primo caso il soggetto può sviluppare anche l'anticorpo contro la proteina HBsAg (HBsAb) e quindi guarire. Questo avviene soprattutto entro i primi 6 mesi dall'infezione (ma non solo) ed è il meccanismo attraverso cui la maggior parte dei soggetti affetti guarisce.
- Nel secondo caso il soggetto può restare anni nello stato di portatore cronico inattivo. Tuttavia la pressione selettiva esercitata dal sistema immunitario attraverso l'HBeAb può indurre il virus a mutare. Il nuovo ceppo virale mutante impara a replicare senza esprimere l'HBeAg ma attraverso altre vie non ancora note. Questo ceppo, detto mutante sull'"e" o e-minus, è responsabile del ritorno del soggetto dallo stato di portatore inattivo allo stato di soggetto epatitico cronico con epatite attiva, caratterizzata dal nuovo incremento della viremia, cioè dell'HBV-DNA nel sangue, nonostante la permanenza dell'anticorpo antiHBe[41].
Diagnosi
Solitamente l'epatite B, come altre malattie che provocano danno alle cellule epatiche, può essere sospettata nella fase acuta a seguito della presenza di ittero, bilirubinuria (color marsala delle urine) e feci acoliche o ipocromiche (per deficit di stercobilina). Tuttavia questi segni evidenti di danno epatico possono mancare per tutta la lunga fase cronica di malattia, che può durare anche 20-30 anni; questo fa sì che né il medico né il paziente sospettino l'infezione e quindi ritardino le cure necessarie. Spesso si riscontra invece l'innalzamento delle transaminasi, riscontrabile dopo prelievo ematico con aumenti di ALT e AST che può essere superiore a 2000-3000 UI/l nelle fasi acute iniziali ma in seguito, nella fase cronica, può essere solo lievemente superiore ai valori normali (fino a 30-35 UI/l). Altro valore alterato è quello della bilirubina sia nella sua forma diretta che indiretta.
La corretta diagnosi di epatite B può però essere fatta solamente studiando il dosaggio dei markers virali specifici. Le prove per la rilevazione di infezione da virus dell'epatite B prevedono analisi del siero o del sangue che rilevano entrambi gli antigeni virali (proteine prodotte dal virus) o anticorpi prodotti dal soggetto ospitante. L'interpretazione di questi test è complessa[36].
L'antigene di superficie dell'epatite B (HBsAg) è il più frequentemente usato per individuare la presenza di questa infezione essendo il primo antigene virale rilevabile ad apparire. Tuttavia, all'inizio di un'infezione, questo antigene può non essere presente e può essere rilevabile soltanto più tardi. Il virione infettivo contiene al suo interno una "particella core" che racchiude il genoma virale. La particella core icosaedrica è fatta di 180 o 240 copie della proteina del core, conosciuta come antigene core dell'epatite B o HBcAg. Durante il periodo finestra in cui l'ospite è infettivo gli anticorpi IgM dell'antigene core (anti-HBc IgM) possono essere l'unica prova sierologica della malattia.
Poco dopo la comparsa di HBsAg, un altro antigene chiamato antigene dell'epatite B (HBeAg) può essere rilevato. Solitamente, la presenza di HBeAg nel siero è associata a tassi molto più alti della replicazione virale ed infettività maggiore, tuttavia esistono varianti del virus dell'epatite B che non producono antigene "e" e quindi questa regola non risulta sempre vera. Durante il corso naturale di un'infezione, l'HBeAg può essere eliminato, questa conversione è di solito associata con un netto declino della replicazione virale.
Se il portatore è in grado di eliminare l'infezione, alla fine l'HBsAg diventa inosservabile e saranno invece presenti gli anticorpi IgG per l'antigene di superficie dell'epatite B e l'antigene core (anti-HBs e anti HBc IgG)[33]. Il tempo tra la rimozione di HBsAg e la comparsa di anti-HBs è chiamato periodo finestra. Una persona negativa per HBsAg ma positiva per anti-HBs o ha superato un'infezione o è stata vaccinata in precedenza.
Le persone che rimangono HBsAg positivi per almeno sei mesi sono considerate portatori di epatite B[42]. I portatori del virus potrebbero avere l'epatite B cronica, che si rifletterebbe in elevati livelli serici di alanina aminotransferasi (ALT) ed infiammazione al fegato, rilevabile con una biopsia. I portatori che presentano sieroconversione HBeAg negativa, in particolare quelli che hanno acquisito l'infezione da adulti, hanno assai poca moltiplicazione virale e, quindi, possono essere a rischio di complicanze a lungo termine o di trasmettere l'infezione ad altri[43].
la tecnica della PCR può essere utilizzata per rilevare e misurare la quantità di DNA del virus HBV, chiamata carica virale, in campioni clinici. Questi test sono usati per valutare lo stato infettivo di una persona e per monitorarne il trattamento[44]. Gli individui con elevata carica virale, tipicamente presentano "epatociti con citoplasma a vetro smerigliato".
Riassumendo, i marker virologici infettivi sono:
- HBsAg: antigene Australia o di superficie, positivo al contatto col virus anche nel periodo antecedente alla manifestazione dei segni e sintomi della malattia;
- HBsAb: anticorpi contro l'antigene di superficie prodotti dai linfociti B, positivo dopo la guarigione della malattia o nei soggetti vaccinati;
- HBcAb: anticorpi contro l'antigene del core virale (HBcAg), può esistere di due diverse classi di immunoglobuline: la classe IgM è dosabile in fase acuta mentre la classe IgG lo è per tutta la vita;
- HBeAg: antigene non corpuscolato del core virale; indica attività della malattia e della replicazione virale, è presente in fase acuta e in alcuni tipi di portatore cronico attivo;
- HBeAb: anticorpo contro l'antigene non corpuscolato del core virale, compare nell'epatite acuta quando comincia a risolversi; è presente anche nel portatore cronico sia attivo che inattivo.
La tabella riassume la diagnosi in base alla presenza dei marker virologici nel siero:
HBsAg | anti-HBc IgM | anti-HBc IgG | HBV-DNA | HBeAg | anti-HBe | anti-HBs | |
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Epatite acuta | + | + | + | +/- | +/- | - | - |
Termine dell'epatite acuta | - | + | + | - | - | + | + |
Epatite cronica attiva | + | - | + | + | + | - | - |
Portatore sano | + | - | + | - | - | + | - |
Vaccinazione | - | - | - | - | - | - | + |
Trattamento
L'infezione acuta da epatite B generalmente non richiede un trattamento poiché la maggior parte degli adulti è in grado di eliminare l'infezione spontaneamente[45]. Il precoce trattamento antivirale può essere utile solo per meno dell'1% dei pazienti, il cui contagio avviene con un decorso molto aggressivo (epatite fulminante) oppure per soggetti immunocompromessi. In caso di presunta infezione, il prima possibile e preferibilmente entro 24-72 ore si può eseguire una profilassi passiva con iniezioni di immunoglobuline anti-HBV ovvero anticorpi diretti contro il virus ed iniziare la vaccinazione completa. D'altra parte, il trattamento dell'infezione cronica può rendersi necessario per ridurre il rischio di cirrosi e cancro al fegato. Gli individui con infezione cronica che presentano elevati valori di alanina transaminasi, un marker di danno epatico, sono candidati alla terapia[46]. Nei pazienti che presentano elevata carica virale e malattia epatica grave il trattamento farmacologico è raccomandato anche se i livelli di ALT rientrano nella norma[47].
Anche se nessuno dei farmaci attualmente disponibili può eliminare l'infezione, alcuni possono bloccare la replicazione del virus, riducendo così al minimo i danni al fegato. Attualmente, ci sono sette farmaci autorizzati per il trattamento dell'infezione da virus dell'epatite B. Questi includono i farmaci antivirali: lamivudina (Epivir), adefovir-dipivoxil (Hepsera), tenofovir (Viread), la telbivudina (Sebivo), entecavir (Baraclude) e i modulatori del sistema immunitario interferone α-2a e peginterferone α-2a (Pegasys). L'uso di interferone, che richiede iniezioni giornaliere o almeno di tre volte alla settimana, è stato soppiantato dall'azione prolungata dell'interferone pegilato che viene iniettato una sola volta alla settimana[48]. Tuttavia, alcuni individui risultano essere molto più propensi a rispondere rispetto ad altri alla terapia e questo potrebbe essere dovuto al diverso genotipo del virus o alla storia del paziente. Il trattamento riduce significativamente la replicazione virale nel fegato e riduce così la quantità di particelle virali misurate nel sangue[49].
I bambini nati da madri malate di epatite B possono essere trattati con anticorpi del virus dell'epatite B (HBIg). Se gli anticorpi vengono somministrati entro dodici ore dalla nascita, il rischio di contrarre l'epatite B viene ridotta del 90%[50]. La terapia consente inoltre a una madre di allattare il suo bambino in modo sicuro.
Nel luglio 2005, alcuni ricercatori hanno identificato un'associazione tra una proteina che lega il DNA e la capacità di replicazione dell'HBV nel fegato. Il controllo del livello di produzione di questa proteina potrebbe essere utilizzato per il trattamento dell'infezione[51].
Il trattamento dura da 6 mesi a un anno, a seconda del farmaco e del genotipo del virus[52].
Prognosi
L'infezione da virus dell'epatite B può essere acuta o cronica. I pazienti con infezione acuta possono eliminare il virus spontaneamente nel giro di settimane o mesi.
I bambini hanno meno probabilità degli adulti di eliminare l'infezione. Più del 95% delle persone che si infettano da adulti sono in grado di guarire completamente e sviluppare l'immunità al virus. Questo dato, tuttavia, scende al 30% per i bambini più piccoli e solo il 5% dei neonati che acquisiscono l'infezione dalla madre al momento della nascita sono in grado di eliminare l'infezione[53]. Questi presenteranno un rischio del 40% di morte, cirrosi o carcinoma epatocellulare[48].
L'epatite D (HDV) può avvenire solo in concomitanza con l'infezione da epatite B, poiché l'HDV utilizza l'antigene di superficie dell'HBV per formare il capside[54]. La co-infezione con virus dell'epatite D aumenta il rischio di cirrosi epatica e tumore del fegato[55]. La poliarterite nodosa risulta essere più comune nelle persone con infezione da epatite B.
Riassumendo, l'infezione da virus dell'epatite B evolve in quattro situazioni correlate con la risposta immunitaria del soggetto infetto:
- Decorso acuto (ma spesso asintomatico) con completo recupero e acquisizione della immunità dall'infezione (89% dei casi);
- Epatite fulminante con mortalità del 90%: può richiedere il trapianto di fegato (1% dei casi);
- Infezione cronica: persistenza del virus nell'organismo con danno epatico (5-10% dei casi); in questo caso la malattia ha un andamento cronico e può compromettere la funzionalità epatica nel giro di 10-30 anni con l'insorgenza di cirrosi epatica o di carcinoma epatocellulare primitivo (di solito dopo che è già presente la cirrosi);
- Stato di portatore inattivo (5% dei casi): il virus persiste nel fegato ma non provoca danno epatico; può rimanere in questo stato anche tutta la vita, senza arrecare danni nemmeno a lungo termine. Risulta essere poco contagioso.
Prevenzione
Per la prevenzione dell'infezione da virus dell'epatite B sono stati sviluppati diversi vaccini a partire dagli anni 80. Questi si basano sull'uso di una delle proteine dell'involucro del virus (antigene di superficie dell'epatite B o HBsAg). Il vaccino è stato originariamente ottenuto dal plasma di pazienti che avevano contratto da lungo tempo l'infezione da virus dell'epatite B. Tuttavia, dal 1996, viene realizzato grazie a una tecnologia di sintesi del DNA ricombinante che non contiene derivati del sangue. Non si può essere infettati con il virus dell'epatite B da questo vaccino[56].
Il rischio di trasmissione verticale al neonato può essere drasticamente ridotto dal 20% - 90% al 5% -10% con la somministrazione del vaccino dell'epatite B (HBV 1) e le immunoglobuline (HBIG) entro 12 ore dalla nascita, seguite da una seconda dose di vaccino anti-epatite B (HBV 2) a 1-2 mesi e una terza dose non prima di 6 mesi (24 settimane).
In seguito alla vaccinazione, l'antigene di superficie dell'epatite B può essere rilevato nel siero per più giorni. Questo fenomeno è noto come antigenemia del vaccino[57]. Il vaccino somministrato che fornisce protezione per l'85-90% degli individui[58]. La protezione è stata osservata per 12 anni in soggetti che presentano un'adeguata risposta iniziale al ciclo primario di vaccinazioni, l'immunità prevista è di almeno 25 anni[59]. L'efficacia della vaccinazione deve essere comprovata da un apposito esame del sangue.
A differenza dell'epatite A, l'epatite B non è generalmente diffusa attraverso acqua e cibo. Invece essa si trasmette attraverso i fluidi del corpo. La prevenzione è quindi focalizzata ad evitare questo tipo di trasmissione: rapporti sessuali non protetti, trasfusioni di sangue, il riutilizzo di aghi e siringhe contaminate e la trasmissione verticale durante il parto, sono alcune delle situazioni più a rischio. I neonati possono essere vaccinati alla nascita[60].
Uno studio ha dimostrato che iniezioni multiple di piccole dosi di immunoglobuline anti epatite B (HBIg, 200-400 UI al mese)[61][62], o di lamivudina orale (100 mg al giorno) in madri portatrici di HBV con un alto grado di contagiosità (> 106 copie / ml) nella gravidanza avanzata (gli ultimi tre mesi di gravidanza)[63][64], è una metodologia efficace e sicura prevenire la trasmissione intrauterina di HBV.
Avvertenze
In caso di infezione è necessario sottoporre i familiari e i partner sessuali ai test sierologici per la ricerca del virus HBV (HBsAg, HBsAb e HBcAb). Se i test danno esito negativo, la vaccinazione anti-epatite B evita il rischio che l’infezione possa diffondersi. L’infezione del virus per l’epatite B può coesistere con altre infezioni virali che rappresentano possibili concause di malattia epatica cronica. Queste infezioni comprendono l’epatite A, l’epatite C, l’epatite D e la sindrome da immunodeficienza acquisita AIDS. Nei pazienti con epatite B, quindi è importante verificare la presenza di eventuali co-infezioni con i virus HAV, HCV, HDV e HIV. Nei pazienti con epatite B cronica che non hanno contratto l’epatite A, la vaccinazione anti-epatite A protegge dall’eventuale co-infezione HBV/HAV. Poiché l’epatite B cronica è una malattia a rischio di complicanze sul lungo periodo (fibrosi, cirrosi e carcinoma epatico), i pazienti devono essere costantemente monitorati per seguire l’evoluzione della malattia. Inoltre, la presenza di malattie del fegato di origine alcolica, autoimmunitaria o metabolica possono indurre un peggioramento del quadro clinico del paziente. L’ecografia del fegato permette di evidenziare la formazione di eventuali lesioni sospette riconducibili a tumore epatico. A differenza infatti di quanto si verifica in caso di epatite C, il carcinoma epatico da virus dell’epatite B si può manifestare anche in un fegato senza cirrosi[47].
Note
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