Ferdinando Augusto Pinelli
Ferdinando Augusto Pinelli | |
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Nascita | Roma, 29 dicembre 1810 |
Morte | Bologna, 5 marzo 1865 |
Dati militari | |
Paese servito | Regno di Sardegna Regno d'Italia |
Forza armata | Regio Esercito |
Arma | Fanteria |
Anni di servizio | 1831-1865 |
Grado | Tenente generale |
Guerre | Prima guerra d'indipendenza italiana Seconda guerra d'indipendenza italiana |
Campagne | Campagna piemontese in Italia centrale |
Battaglie | Battaglia di Mortara Assedio di Ancona (1860) |
Decorazioni | vedi qui |
Studi militari | Collegio Militare di Marina di Genova |
Frase celebre | Io non crederei mai che quattrocentomila soldati italiani sostenuti dall’intera nazione non siano capaci di liberare la Venezia: se lo credessi, come soldato spezzerei la mia spada e come uomo mi vergognerei del nome di italiano |
dati tratti da Pinelli, Augusto Ferdinando[1] | |
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Ferdinando Augusto Pinelli (Roma, 29 dicembre 1810[2] – Bologna, 5 marzo 1865[2]) è stato un generale, storico e politico italiano, che fu protagonista di una durissima campagna per la repressione del brigantaggio postunitario italiano. decorato con la Croce di Commendatore dell'Ordine militare di Savoia e con la medaglia d'oro al valor militare a vivente.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nacque a Roma il 29 dicembre 1810, figlio di Lodovico, di professione magistrato,[N 1] e di Angela Carelli, all'interno di una famiglia originaria del Piemonte, fratello di Alessandro e Pier Dionigi.[3][4] Frequentò come allievo il Collegio Militare di marina a Genova, uscendone all'età di ventuno anni con il grado di sottotenente dell'arma di fanteria assegnato in servizio alla Brigata Casale.[1] Prese parte alla prima guerra d'indipendenza italiana con il grado di capitano nel 18° Reggimento fanteria, distinguendosi nei combattimenti avvenuti tra il 22 ed il 25 luglio 1848 sulle alture di Rivoli Veronese e nella regione collinosa intorno a Custoza, fra Santa Giustina, Sona e Volta Mantovana, venendo decorata con una medaglia d'argento al valor militare.[1] Nel corso della battaglia di Mortara, il 21 marzo 1849, dove fu fatto prigioniero dagli austriaci, ricevette una menzione onorevole.[1][4]
Dopo la dura sconfitta del 1849 a Novara intervenne nel dibattito sulla riforma dell’Armata sarda, e pubblicò due opuscoli Alcuni cenni sull’infanteria piemontese e Progetto di un nuovo ordinamento dell’armata con alcune osservazioni sull’attuale teoria della fanteria, dove difese la fanteria, opponendosi al comune pensiero di un suo drastico ridimensionamento.[4] Alla fine del 1849 venne istituita la Scuola normale di fanteria di Torino che dal 1850 divenne Scuola militare con sede a Ivrea, di cui egli divenne docente, e nel 1851 diede alle stampe il manuale Elementi di tattica, presso la tipografia Curbis.[4] Promosso maggiore, con la morte del fratello Pier Dionigi, venne eletto deputato al Parlamento di Torino per il collegio di Cuorgne.[5] Durante la sua attività parlamentare fu avversario del La Marmora.[5] Seppur messo in aspettativa, fu comandante della II Legione della Guardia Nazionale di Torino e commissario di leva.[4] Negli anni 1855-1856, con il grado di tenente colonnello onorario, partecipò marginalmente con i volontari italiani del 1° Reggimento, inquadrati nella Legione anglo-italiana costituita dall'esercito inglese, alla guerra di Crimea venendo inviato a Malta.[4]
Rientrato nei quadri dell'Armata sarda nel 1856; poi, con lo stesso grado di tenente colonnello, nel 1859 fu inviato dal Governo piemontese a Bologna per organizzare l'Esercito delle province dell'Italia centrale per la guerra contro l'Impero austriaco assumendo l'incarico di Ministro della guerra nel Governo delle Romagne.[4] Nell'ottobre 1859 assunse il comando della Brigata Bologna conservandolo anche quando la Bologna entrò a far parte dell'Esercito regolare, venendo promosso colonnello.[4] Promosso maggior generale l'anno successivo, prese parte alle operazioni belliche nella Marche, distinguendosi il 26 settembre 1860, nei combattimenti di Monte Pelago e di Monte Pulito, nei pressi di Ancona, durante l'assedio di quella piazzaforte, venendo insignito del titolo Commendatore dell'Ordine militare di Savoia.[1] Nel febbraio 1861 la Brigata Bologna fu inviato nell'Italia meridionale.[1] Assunto il comando di una colonna mobile, prese parte, con successo, alle operazioni nei territori dell'Ascolano e nel Teramano per il contrasto contro il brigantaggio e si distinse nella presa di Civitella del Tronto, ancora in mano a una guarnigione dell'esercito delle Due Sicilie al comando del maggiore Luigi Ascione.[3] Nonostante la superiorità delle forze, le sue truppe non riuscivano ad aver ragione degli assediati ed egli adottò, pertanto, misure durissime contro la stessa popolazione civile.[3] L'emissione di un suo proclama, in cui definiva il papa Pio IX Vicario non di Cristo, ma di Satana e sacerdotal vampiro portò alla destituzione.[3]
“Di fronte alla resistenza di Civitella del Tronto e alle insurrezioni di Caramanico, Avezzano, Sora, Carsoli, Pizzoli il generale Pinelli decise la linea dura. Invase Pizzoli il 28 ottobre 1860. Saccheggiò la città, la incendiò e fece strage di quanti tentarono di sottrarsi alle fiamme (nella sola mattinata uccise e trucidò 136 innocenti, la maggior parte dei quali impiccati per risparmiare la polvere da sparo). La sera per dormire requisì la villetta del farmacista Alessandro Cicchitelli. Frugando nei cassetti trovò i ritratti di Francesco II e di Maria Sofia. La mattina ordinò la fucilazione del farmacista davanti alla moglie implorante.[senza fonte]
Nel gennaio 1861 fu sostituito con il generale Luigi Mezzacapo[6]; la sua attività venne premiata con la concessione medaglia d'oro al valor militare avvenuta con Regio Decreto del 9 febbraio 1862.[3] Pochi mesi dopo fu destinato alla lotta contro il brigantaggio postunitario italiano operando nelle province napoletane.[3] In quello stesso anno venne promosso generale di divisione e comandò poi, in successione, le Divisioni territoriali di Messina e di Bologna.[1] Fu rieletto deputato al Parlamento per il collegio di Cuorgnè anche nella VIII legislatura.[1] Si spense a Bologna il 5 marzo 1865.[1]
Ricordano tuttavia Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo:
«Ci sono vecchi che ancora ricordano come le mamme ammonivano i bambini: «Fai il bravo, se no chiamo Pinelli!». Quel nome incuteva terrore a decenni di distanza, tanto feroce era stata la repressione.»
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]— Regio Decreto 9 febbraio 1862.[8]
Pubblicazioni
[modifica | modifica wikitesto]- Elementi di tattica, Tipografia F.L. Curbis, Ivrea, 1851.
- Storia militare del Piemonte in continuazione di quella del Saluzzo, cioè dalla pace d'Aquisgrana sino ai di nostri: con carte e piani, Vol. I: Epoca prima: dal 1748 al 1796[9] T. De Giorgis, Torino, 1854-1855..
- Storia militare del Piemonte in continuazione di quella del Saluzzo, cioè dalla pace d'Aquisgrana sino ai di nostri: con carte e piani, Vol. II: Epoca seconda: dal 1796 al 1831[10] T. De Giorgis, Torino, 1854-1855.
- Storia militare del Piemonte in continuazione di quella del Saluzzo, cioè dalla pace d'Aquisgrana sino ai di nostri: con carte e pian Vol. III: Epoca terza: dal 1831 al 1850[11] T. De Giorgis, Torino, 1854-1855.
- Considérations politiques et militaires sur une nouvelle guerre entre le Piémont et l'Autriche, Torino: Imprimerie Canfari, 1859.
- Questioni militari, Stab. tip. di G. Monti, Bologna, 1863.
Note
[modifica | modifica wikitesto]Annotazioni
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Il padre era nativo di Cuorgnè, e con l’annessione dello Stato Pontificio all’Impero francese nel 1809, era stato nominato procuratore presso la Corte d’appello a Roma. La madre apparteneva ad una famiglia di magistrati piemontesi. I due fratelli, Pietro Giovanni Alessandro e Pier Dionigi seguirono il padre nella professione legale.
Fonti
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f g h i Combattenti Liberazione.
- ^ a b Dizionario biografico degli italiani.
- ^ a b c d e f Galileumautografi.
- ^ a b c d e f g h Risveglio Popolare.
- ^ a b Conte di Cavour 1939, p.249.
- ^ Giuseppe Galasso, L'esercito di Franceschiello: una storia di onori e calunnie, in Corriere della Sera, 27 febbraio 2010, p. 17 (on-line)
- ^ Ordine militare d'Italia sul sito della Presidenza della Repubblica
- ^ Medaglie d'oro al valor militaresul sito della Presidenza della Repubblica
- ^ on-line.
- ^ on-line.
- ^ on-line.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Nicola Brancaccio, L’esercito del vecchio Piemonte. Sunti storici dei principali corpi (1560-1859), Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito, 1922.
- Gaetano Carolei e G. Greganti, Le Medaglie d’oro al Valore Militare dal 1848 al 1870, Roma, Grafischena195, 1950, p. 158.
- Rodofo Puletti e Franco Dell’Uomo, L'Esercito e i suoi corpi. Sintesi storica, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito, 1973.
- Piero Del Negro, PINELLI, Ferdinando Augusto, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 83, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2015.
- Camillo Benso Conte di Cavour e Adolfo Omodeo (a cura di), Discorsi parlamentari Vol.8, Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1939.
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Opere di Ferdinando Augusto Pinelli, su Open Library, Internet Archive.
- Augusto Ferdinando Pinelli, su storia.camera.it, Camera dei deputati.
- Augusto Ferdinando Pinelli, su storia.camera.it.
- Pinelli Augusto Ferdinando, su Galileumautografi.
- Ferdinando Augusto Pinelli, una piazza lo ricorda a Cuorgnè, fu docente alla “Scuola di fanteria di Ivrea”, su Risveglio Popolare.
- Pinelli, Ferdinando, su Combattenti Liberazione.
- 29 dicembre 1810: nasce a Roma Ferdinando Augusto Pinelli, su Civico 20.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 311347515 · SBN SBLV256204 · BNE (ES) XX1400760 (data) · WorldCat Identities (EN) viaf-311347515 |
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