Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni

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Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni
Copertina delle Vite (edizione del 1672)
AutoreGiovanni Pietro Bellori
1ª ed. originale1672
Generetrattato
Sottogenerebiografico, arte
Lingua originaleitaliano
Nicolas Poussin da Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni, 1672

Le Vite de' pittori, scultori et architetti moderni è una serie di biografie di artisti, scritta nel XVII secolo dallo storico dell'arte romano Giovanni Pietro Bellori, definito da Julius von Schlosser "il più importante storiografo dell’arte non solo di Roma, ma di tutta l’Italia, anzi dell’Europa (...) il cui valore e il cui influsso oltrepassano di molto i limiti dello stretto campo a cui appartiene".[1] È uno dei testi fondamentali della storia e della critica dell'arte europea.[2]

La prima edizione dell'opera (1672) conteneva le biografie di nove pittori (Annibale e Agostino Carracci, Barocci, Caravaggio, Rubens, Van Dyck, Domenichino, Lanfranco e Poussin), due scultori (François Duquesnoy e Alessandro Algardi) e un architetto (Domenico Fontana). Il libro è dedicato a Jean-Baptiste Colbert e fu pubblicato con il sostegno finanziario della monarchia francese.[3]

La prefazione alle vite è la trascrizione di un discorso letto dal Bellori davanti all'Accademia di San Luca a Roma la terza domenica di maggio del 1664. Nel saggio, intitolato L'idea del pittore, dello scultore, e dell'architetto Bellori espone la teoria classicista che costituirà il fondamento dell'estetica dei secoli XVIII e XIX.[2][4] Bellori è un seguace della teoria platonica, o meglio neoplatonica, dell'arte, secondo la quale l'artista deve attuare il bello ideale, ossia un tipo universale di bellezza suprema, il bello assoluto, incarnazione delle eterne idee.[5] Il bello ideale si incarna nella “nobile semplicità e quieta grandezza” (Winckelmann) dell'arte greca e romana. Nell'arte greca Bellori trovava non soltanto la natura nei suoi aspetti più belli, ma la bellezza ideale verso la quale la natura tende ma che è incapace di raggiungere. Per Bellori, come per Winckelmann dopo di lui, lo studio della natura non presenta più alcuna supremazia rispetto allo studio dell'antico; l'arte antica, anzi, incarna anche il più nobile e il più spirituale principio del bello.[6]

Il discorso ebbe una grandissima influenza in tutta Europa e influì in particolar modo sulle idee di Dryden[7], Shaftesbury, Reynolds e soprattutto Winckelmann.[8][9] Secondo Alfred Baeumler, il saggio di Bellori rappresenta «il compimento e la conclusione degli sforzi estetici del Rinascimento.»[10]

Secondo Bellori, dopo il "secolo felice" del Rinascimento, di cui il «divino» Raffaello è il più grande protagonista[11], "li artefici, abbandonando lo studio della natura, viziarono l'arte con la maniera o vogliamo dire la fantastica idea, appoggiata alla pratica e non all'imitazione". Ne sarebbe iniziata una lunga epoca di decadenza, coincidente con il Manierismo, estesasi rapidamente da Firenze a tutta la penisola italiana.[12] Il Bellori dà un giudizio negativo anche dei grandi artisti italiani del Barocco; a segnare la svolta della storia dell'arte fu Annibale Carracci, che rinnovò "la buona maniera" scomparsa in Toscana e a Roma, segnando la rinascita dell'arte italiana.[13] Con Carracci si assiste al ritorno al'imitatio dell'arte greca che, partendo dall'osservazione della Natura, l'aveva superata, raggiungendo quella bellezza ideale verso la quale la Natura tende ma che è incapace di raggiungere. Nelle Vite Bellori parla di un dipinto di Carracci, in cui «egli tradusse le bellezze greche, quasi le statue di Glicone, e d'Apollonio, e degli altri celebri Scultori gli avessero servito di modello», aggiungendo che il pittore era passato «alle più perfette idee ed all'arte più emendata de' Greci»; Caravaggio, invece, avrebbe disprezzato «gli eccellentissimi marmi de gli antichi e le pitture tanto celebri di Raffaelle» proponendosi «la sola Natura per oggetto del suo pennello.»

Da Annibale Carracci (1560-1609), Bellori sviluppa un vasto disegno storiografico, comprendente alcune delle figure più significative dell'arte seicentesca, sia italiana che straniera. Restano esclusi, tuttavia, alcuni dei maggiori protagonisti del seicento romano, come Gian Lorenzo Bernini e Pietro da Cortona, che vengono appena citati, o Francesco Borromini del tutto ignorato.

Edizioni e traduzioni

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Prima del 2005, solo l'Idea e le biografie dei Carracci,[14] Barocci, Caravaggio[15][16] e Van Dyck erano state tradotte in inglese.[17] La traduzione del 2005 di Alice Sedgwick Wohl[17] è basata sull'edizione italiana curata nel 1976 da Evelina Borea[18] confrontata con l'editio princeps del 1672[19] e con la trascrizione del MS 2506 realizzata da Michelangelo Piacentini (una delle due copie, risalente al 1700) e conservata presso la Bibliothèque Municipale di Rouen, delle biografie di Guido Reni, Andrea Sacchi e Carlo Maratta.[17]

Bellori non riuscì a ottenere finanziamenti per una seconda edizione.[20] Le 12 biografie furono ripubblicate nel 1728 a Napoli in un'edizione piratata, con l'aggiunta di una biografia di Luca Giordano (1632-1705) di Bernardo De Dominici.

Nel 1731 fu pubblicata postuma a Roma, insieme ai Ritratti di alcuni celebri pittori del secolo XVII, disegnati e intagliati in rame da Ottavio Leoni, la Vita di Carlo Maratta, scritta dal Bellori fino all'anno 1689 e terminata da altri, insieme a un discorso dello stesso Bellori sopra il quadro della Dafne del medesimo artista, in cui si fa osservare la conformità tra la pittura e la poesia, secondo la formula oraziana ut pictura poësis.[5][21]

Edizioni moderne

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  1. ^ Julius Ritter Von Schlosser, Die Kunstliteratur: Ein Handbuch zur Quellenkunde der neueren Kunstgeschichte., Vienna, Kunstverlag Anton Schroll & Co., 1924, p. 423. URL consultato il 13 luglio 2014.
  2. ^ a b Elizabeth Cropper, Giovan Pietro Bellori, the Lives of the Modern Painters, Sculptors and Architects: A New Translation and Critical Edition by Alice Sedgwick Wohl, in The Burlington Magazine, vol. 148, n. 1245, dicembre 2006, p. 854, JSTOR 20074653.
  3. ^ Lilian Zirpolo, The Lives of the Modern Painters, Sculptors and Architects: A New Translation and Critical Edition by Giovan Pietro Bellori; Alice Sedgwick Wohl Review by: Lilian H. Zirpolo, in The Sixteenth Century Journal, vol. 38, n. 3, 2007, pp. 805–807, DOI:10.2307/20478523, JSTOR 20478523.
  4. ^ Domenico Pesce, Apollineo e dionisiaco nella storia del classicismo, Napoli, Morano, 1968, p. 47.
    «La concezione classicistica dell'arte figurativa si costituì come dottrina tra il XVII e il XVIII secolo e, più precisamente, nei cento anni esatti che vanno dal 1664, quando G. P. Bellori lesse all'Accademia romana di S. Luca il suo discorso sull'Idea, poi premesso, a guisa di introduzione, alle Vite, e il 1764, anno in cui J. J. Winckelmann pubblicava a Dresda la Storia dell'arte nell'antichità
  5. ^ a b Vincenzo Golzio, Giovanni Pietro Bellori, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930. URL consultato il 7 giugno 2019.
  6. ^ Salvatore Settis, I Greci. Storia Cultura Arte Società, vol. 1, Einaudi, 1996, p. 351, ISBN 978-88-06-14020-5.
  7. ^ Dryden tradusse le parti più significative dell’Idea nel Parallel between Painting and Poetry, premesso alla traduzione da lui curata del poema latino De arte graphica di Charles Alphonse Du Fresnoy (1695). Cfr. anche: George Alexander Kennedy, H. B. Nisbet, Claude Rawson e Raman Selden (a cura di), The Cambridge History of Literary Criticism, vol. 4, Cambridge University Press, 1989, p. 110, ISBN 9780521317207.
  8. ^ Chiara Savettieri, Dal Neoclassicismo al Romanticismo, Carocci, 2006, p. 46, ISBN 978-88-430-3525-0.
  9. ^ (EN) Erwin Panofsky, Idea: a Concept in Art Theory, University of South Carolina Press, 1968, p. 242.
    «Bellori is the "predecessor of Winckelmann" not only as an antiquarian but also as an art theorist. Winckelmann's theory of the "ideally beautiful" as he expounds it in Geschichte der Kunst des Altertums, IV.2.33 ff., thoroughly agrees—except for the somewhat stronger Neoplatonic impact, which is to be explained perhaps more as an influence of Raphael Mengs than as an influence of Shaftesbury—with the content of Bellori's Idea (to which Winckelmann also owes his acquaintance with the letters of Raphael and Guido Reni); he frankly recognizes this indebtedness in Anmerkungen zur Geschichte der Kunst des Altertums (1767), p. 36.»
  10. ^ Alfred Baeumler, Estetica, Padova, Edizioni di Ar, 1999 [1934], p. 124.
    «Il motivo non ultimo di tutto ciò sta nel fatto che [...] l'Idea e il concetto del bello proprio ora siano assunti sistematicamente nella teoria dell'arte. Ora si è compiuto ciò che Alberti ha iniziato; le due linee che corrono separate attraverso i secoli, che ancora nella poetica di Scaligero evitavano di incontrarsi (giacché Scaligero non parla della bellezza), vengono riunificate da Bellori. [...] Non vi era più problema, più conflitto fra bellezza e arte, fra Platone e Aristotele: l'imitazione della bellezza della natura, rettamente intesa, doveva produrre per intima necessità, la suprema bellezza dell'arte»
  11. ^ Giovanni Pietro Bellori, Le vite de’ pittori, scultori e architetti moderni, a cura di Evelina Borea, Torino, Einaudi, 1976, p. 31, ISBN 978-88-06-20023-7.
    «Allora la pittura venne in grandissima ammirazione de gli uomini e parve discesa dal cielo quando il divino Rafaelle, con gli ultimi lineamenti dell'arte, accrebbe al sommo la sua bellezza, riponendola nell'antica maestà di tutte quelle grazie e di que' pregi arricchita, che già un tempo la resero gloriosissima appresso de' Greci e de' Romani.»
  12. ^ Giovanni Pietro Bellori, Le vite de’ pittori, scultori e architetti moderni, a cura di Evelina Borea, Torino, Einaudi, 1976, p. 31-32, ISBN 978-88-06-20023-7.
    «Questo vizio distruttore della pittura cominciò da prima a germogliare in maestri di onorato grido, e si radicò nelle scuole che seguirono poi; onde non è credibile a raccontare quanto degenerassero non solo da Rafaelle, ma da gli altri che alla maniera diedero cominciamento. Fiorenza, che si vanta di essere madre della pittura, e 'l paese tutto di Toscana, per li suoi professori gloriosissimo, taceva già senza laude di pennello. E gli altri della scuola romana non alzando più gli occhi a tanti essempi antichi e nuovi, avevano posto in dimenticanza ogni lodevole profitto; e se bene in Venezia più ch'altrove durò la pittura, non però quivi o per la Lombardia udivasi più quel chiaro grido de' colori, che tacque nel Tintoretto ultimo finora de' veneziani pittori.»
  13. ^ Giovanni Pietro Bellori, Le vite de’ pittori, scultori e architetti moderni, a cura di Evelina Borea, Torino, Einaudi, 1976, p. 32-33, ISBN 978-88-06-20023-7.
    «Così quando la pittura volgevasi al suo fine, si rivolsero gli astri più benigni verso l'Italia, e piacque a Dio che nella città di Bologna, di scienze maestra e di studi, sorgesse un elevatissimo ingegno, e che con esso risorgesse l'arte caduta e quasi estinta. Fu questi Annibale Carracci, di cui ora intendo scrivere, cominciando dall'indole ornatissima ond'egli inalzò il suo felice genio, accoppiando due cose raramente concesse a gli uomini, natura ed arte in somma eccellenza.»
  14. ^ Giovanni Pietro Bellori e Catherine Enggass, The lives of Annibale & Agostino Carracci., University Park, Pennsylvania State University Press, 1968. URL consultato il 13 luglio 2014.
  15. ^ Walter Friedlaender, Caravaggio Studies, Princeton, New Jersey, Princeton University Press, 1974, pp. 237–254, ISBN 978-0-691-00308-5.
  16. ^ Howard Hibbard, Caravaggio, Harper & Row, 1983, pp. 360–374, ISBN 978-0-06-430128-2.
  17. ^ a b c Giovanni Pietro Bellori, Alice Sedgwick Wohl, Hellmut Wohl e Tomaso Montanari, Giovan Pietro Bellori: The Lives of the Modern Painters, Sculptors and Architects: A New Translation and Critical Edition, Cambridge University Press, 2005, ISBN 978-0-521-78187-9. URL consultato il 13 luglio 2014.
  18. ^ Evelina Borea, Le vite de' pittori, scultori e architetti moderni, Torino, G. Einaudi, 1976.
  19. ^ Giovanni Pietro Bellori, Vite de'Pittori, Scultori et Architetti Moderni, Parte Prima, Rome, Mascardi, 1672.
  20. ^ Hans Raben, Bellori's Art: The Taste and Distaste of a Seventeenth-Century Art Critic in Rome, in Simiolus: Netherlands Quarterly for the History of Art, vol. 32, n. 2/3, 2006, pp. 126–146, JSTOR 20355327.
  21. ^ Ottavio Lioni e Giovanni Pietro Bellori, Ritratti di alcuni celebri pittori del secolo XVII, Roma, A. de'Rossi, a spese di F. Amidei, 1731. URL consultato il 7 giugno 2019.

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