Utente:El Tarantiniese/sandbox

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Bloody Bus
[[File:|frameless|center|260x300px]]L'autobus usato nel film
Titolo originaleBloody Bus
Durata88'
Regia{{{regista}}}

«Aprite le bussolee!»

Bloody Bus è un film horror del 2004, diretto da Tancredi Bua e scritto da Alessandro Salamone. Esso rappresenta l'esordio alla regia ed è il primo episodio di una serie continuata con Bloody Bus 2 e 0 - Autobus per Auschwitz. Il film appartiene ad un filone in cui il vero protagonista non è l'uomo bensì un mezzo di trasporto. I suoi precursori erano Christine, la macchina infernale e La macchina nera. Gran parte della trama sembra ricalcare il primo episodio della saga di Speed, ma in realtà devia totalmente raccontando di un autobus indemoniato che sfreccia per New York seminando morte e distruzione. Nel film non ci sono attori di grande spicco, anche perché è la prima pellicola del duo di registi Salamone/Bua che tornerà anche a dirigere gli altri due sequel, entrambi all'altezza del primo. Il film venne in mente al duo di registi proprio durante una corsa in autobus: molte delle scene — come quella in cui l'autista muore trafitto dal "capodarco elettronico" — all'inizio quasi "folli" divennero poi alcune delle più note scene della cinematografia moderna.

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  • Il vecchio Jerry Seagan (Michael Parks): conduttore di autobus da più di venticinque anni, vive a New York con la moglie e la figlia. È l'autista del bus durante la velocissima corsa.
  • Jupp (Ken Mickey): barbone che passa la vita a bordo dei bus, che si ritroverà a bordo del numero 25Գ, l'autobus protagonista del film.
  • Manfred (Manfredi Bruno): un ragazzo disadattato del Bronx che si reca a scuola in autobus e parteciperà alla corsa infernale.
  • Albert (Steven Seagal): un ricco uomo d'affari a cui fonde l'auto il giorno della folle corsa e sarà costretto suo malgrado a prendere l'autobus maledetto.
  • Jack (Roger Erbert): un fusto ancora "mammone" che non possiede un automobile e sarà costretto a prendere l'autobus per un'importante colloquio di lavoro.
  • Lo sceriffo Silvergone (Ethan Hawke): la figura che redime tutti i personaggi della storia e riesce — pagando con la morte — a bloccare l'autobus indemoniato.

Sviluppo della trama

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È una mattina come le altre, a New York. L'autobus numero 25 inizia la sua corsa regolare passando dai quartieri più malfamati a quelli più alti: sull'autobus si ritrovano svariati tipi di persone. Un adolescente disadattato, un ricco uomo d'affari, un barbone, un fusto e tanti altri personaggi minori. Dopo una fugace presentazione, il capodarco elettronico dell'autobus inizia a dare segni di malfunzionamento. L'autista insiste nel dire che è solo routine e che normalmente ogni quindici giorni subisce dei guasti: quasi come volesse replicare, il capodarco elettronico "si stacca" dal soffitto dell'autobus e si va a conficcare nella gola dell'autista, che perde il controllo dell'autobus e muore. I passeggeri sono tutti terrorizzati dal fatto che nessuno sta guidando l'autobus, quando ad un tratto, Jupp - il barbone - si rende conto che nonostante la morte dell'autista, il bus continua ad andare avanti. Eppure, ora, al posto del numero "25" appare il numero "25Գ", uno strano numero che non augura nulla di buono. L'autobus "si sigilla", per non fare uscire nessuno - almeno nessuno vivo. Il ricco uomo d'affari cerca di mettersi alla guida del bus, ma muore invano. Inizierà una lotta all'interno del bus per aggiudicarsi la vita, sino a quando nessuno degli uomini all'interno si fiderà più dell'altro e tutti si ritroveranno faccia a faccia.

Critiche dei giornali

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«È indubbiamente il primo film di un duo che farà discutere. La trama è banale, lo sviluppo è "classico", usato in molti film ad alta tensione come "Speed" o "Christine, la macchina infernale". Eppure si respira qualcosa di nuovo: lo spessore dei personaggi. Tutti, dal povero e umile autista (interpretato magistralmente da Michael Parks) all'adolescente disadattato (Manfredi Bruno, qui al suo esordio in un lungometraggio, per giunta in un ruolo da semiprotagonista) sono gli attori azzeccati per il film. I loro personaggi non si limitano a stare dentro le quattro pareti dell'autobus o dentro il troppo piccolo schermo del cinema, ma "escono" - giungono in una quarta dimensione, una dimensione che è "umana". Diventano tutti vittime del diavolo, qui impersonato da un autobus assetato di sangue che deve placare le ire di uno spirito nazista che lo possiede. Sembra quasi di assistere ad una visione "tassesca" della vita: da una parte, abbiamo il male, che viaggia sui 200 km/h. Dall'altra, abbiamo i "devianti", i passeggeri, che, spaventati si arrendono e saranno redenti dallo sceriffo Silvergone. Strabiliante metafora sulla crudeltà delle vetture, strabiliante horror psicologico e soprattutto un film d'azione come non se ne facevano da tempo.»