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Lettere sulla Alceste seconda/Lettera settima

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Lettera settima

Lettere sulla Alceste seconda/Lettera sesta Lettere sulla Alceste seconda/Nota I IncludiIntestazione 30 novembre 2014 100% Da definire

Lettera sesta Nota I


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LETTERA SETTIMA



Sembra a voi dopo aver lette le ultime mie lettere che mi abbiano censurato a ragione i miei pur valenti avversarj, o non si dovrà dire piuttosto che l’ingegno del signor Guill.... lo ha anche questa volta tradito? Niente dirò del compilatore patavino, fuorchè egli non si è voluto prender la pena d’intendermi, e si è battuto con un fantasma. Io pur gli debbo essere grato, giacchè, separandomi dalla classe comune di coloro che professano l’arte mia, ha voluto da me esigere buon gusto, sana critica e scelta giudiziosa nelle mie tipografiche intraprese. Invidio la grazia e la spontaneità del di lui stile, nè mi lagnerò mai delle osservazioni di persone al pari di lui colte ed erudite. Ma abbastanza di metafisica, di gusto e di censure. Le ultime mie lettere avevano una [p. 71 modifica]tinta troppo seria e melanconica. Scherziamo un poco, mia gentile amica, ed offriamo un sacrifizio a quella fra le Grazie che è più propizia al riso ed alla gioja innocente.

Sapete voi, che da molte settimane si rappresenta in questo teatro un ballo serio, il di cui soggetto è appunto l'Alceste? È tanta la sua originalità, che i forastieri accorrer dovrebbero in folla per assistere a simile spettacolo. Voi non dovete esser l'ultima: porgetemi la mano, e lasciate che vi accompagni nella vostra loggia. Ecco si alza il sipario, e si vede un mare agghiacciato, un castello gotico, un picchetto di soldati, ed Alceste ed Adméto che dormono, seduti veramente un po' incomodi, nella lor tenda. Ma non dormono essi soli, dormono tutti, e perfino la sentinella che sta loro vicina. Per buona fortuna invece di essere sorpresi dal nemico, è appunto la Fortuna che giunge improvvisamente con un corno di fiori. Questa giovinetta bellina (e già voi sapete che la Fortuna è bella) si fa vedere dai due sposi, che si alzano, e sempre ad occhi chiusi (esperimento veramente pericoloso) [p. 72 modifica]danzano insieme colla Dea, la quale fa loro de'motti che nessuno intende, poi sparisce, e gli sposi, contentissimi d’aver danzato colla Fortuna, se ne ritornano a dormire nella loro tenda, nè si alzano che all'arrivo d’Ercole, che giunge con sei Ercolini suoi compagni che tali sono veramente, perchè simili affatto ad Ercole e nel vestito e nell'arme unica, la clava formidabile. Gli sposi fan i loro complimenti a quell'Eroe, ed Adméto quanto generoso, altrettanto poco conoscitore delle cose grate agli Eroi pari ad Ercole, gli offre una ricca collana di brillanti che è rifiutata quasi con disprezzo. Intanto un guerriero dalle mura del castello insulta Ercole il quale va in collera, e colla sua clava tremenda abbatte la porta del castello, dove entra co' suoi Ercolini. Escono alcuni momenti dopo dei guerrieri, fra cui uno si scaglia contro Adméto, il quale cade ferito per mano di altro traditore, e viene trasportato altrove. Ercole arrabbiato si avventa contro i nemici, i quali cadon tutti a terra morti prima di essere neppur tocchi dalla clava. Oh clava veramente prodigiosa! Si cambia [p. 73 modifica]sena, ed indovinate dove trovasi Adméto ferito a morte? Non già nel suo appartamento, ma, cosa crudele ed inaudita! egli viene anticipatamente portato nel marmoreo piramidale sepolcro degli avi suoi, dove si entra per una porticella. Non vi è anima che soccorra il povero Adméto, a riserva d’un Apollo femmina che, fatte alquante smorfie, scrive su d'una pietra a lato del sepolcro il seguente verso veramente divino:

Il Re morrà, s'altri per lui non muore;

ed eseguito questo lavoro d’incisione, se ne va saltando, e gli spettatori potete immaginarvi in qual mare di pianto se ne restino! Giunge finalmente Alceste, entra nella tomba del consorte non estinto, esce, legge l’iscrizione d’Apollo, e scrive quest altra:

Qui giace Alceste, che si die' la morte
Per dar la vita al suo fedel consorte.

Qual poesia! brava Alceste! quest’è averla fatta tenere allo stesso Apollo. Ciò fatto, Alceste leva la spada ad uno de’ suoi soldati,si ferisce, e va nella tomba da cui nel momento stesso esce Adméto sano e salvo come un pesce, ma disperato per la morte [p. 74 modifica]della sposa. Ercole gli fa coraggio dicendogli che andrà a fare il viaggio dell’inferno per ricuperarla. Infatti poco dopo si vede Ercole alla palude stigia. Caronte che si trova dall’altra parte del fiume colla sua sdruscita barca, non vuol passare all'altra riva, e sembra che la pensi bene, giacchè le minacce d'Èrcole, non essendo armato che della clava, potevano per Caronte esser un soggetto di riso. Questo deve esser stato un momento critico pel compositore del ballo. Come si poteva far passare Ercole all'inferno? o conveniva fargli passare a nuoto il fiume Stige, oppure era necessario fargli il dono di un buon fucile: siam tanto avvezzi a vederne, che forse gli spettatori avrebbero perdonata questa licenza, benché si sappia che l'invenzione dei fucili porta una data posteriore ai tempi d'Ercole. Ma niente di tutto questo. Il compositore del ballo si è rivolto invece al vecchio Caronte, e lo ha tanto scongiurato, che questi si è lasciato persuadere di andar a levar Ercole all’altra riva. Giunto Ercole all'inferno combatte subito il trifauce Cerbero, e lo ammazza di botto senza [p. 75 modifica]misericordia: compariscono le Furie, e le bastona come un disperato per dritto e per traverso, e quelle povere diavole fuggono. Allora si presenta un brutto vecchio colle ali, ed è indecisa la gran lite se rappresenti la Morte o il Tempo; ma qualunque egli siasi, il fatto si è ch’Ercole bravamente lo incatena, giacchè gli eroi di que’ tempi non isdegnavano portar seco loro delle catene, e subito dopo per una piccola fissura del monte (cosa maravigliosa e stupenda!) sparisce col suo prigioniere. Ecco che in un batter d’occhio siamo con essi all’inferno. Ercole presenta il suo prigioniero a Plutone ed a Proserpina: si fa il contralto, e si restituisce il vecchio prigioniere, maschio o femmina che sia, per cambio d’Alceste. Voi ben vedete, che l’avaro Plutone anche in questo caso ha fatto un buon contratto, forse per compensarsi delle spese della festa di ballo che vuol dare ad Ercole, e che ha principio nello stesso momento. Ercole intanto si trattiene con piacere colla sposa di Plutone, la quale riguarda con occhio non indifferente le forme veramente virili dell’Eroe. Mi scordava di farvi osservare che [p. 76 modifica]la divisione dell’Inferno dagli Elisi sta tutta in un visibilissimo velo, al di là del quale si ravvisano le anime bianche degli estinti che stan osservando il ballo delle Furie. L'idea di far danzare all’Inferno, a dir il vero mi sembra un po' pericolosa, giacchè vi sono delle persone appassionate talmente pel ballo, che quasi quasi non ricuserebbero l'invito di Plutone, e voi converrete meco che non va bene desiderar di essere all’Inferno. Terminato il ballo, una brutta bestia alata accoglie sulla schiena Alceste ed Ercole, i quali alzandosi per aria con una lentezza mirabile danno un addio all'Inferno e si restituiscono alla reggia d’Adméto, dove, passati alcuni momenti, non si sa come, nè perchè, senza far un passo, trovansi i nostri Eroi trasportati nella reggia d’Apollo, il quale sta sospeso in mezzo alla sala. Ha subito principio la danza, ed il povero Apollo femmina, a cui nessuno dà retta, se ne resta per aria, e fa pietà pel freddo che soffre, contro cui non ha riparo. Discendono finalmente due Genietti, de' quali l'uno sembra quello del bene, e l’altro del male: [p. 77 modifica]tanta è la grazia del primo, e l'attitudine sforzata del secondo. Questi prende per mano Adméto, e l'altro Alceste, i quali vengono portati per aria vicini ad Apollo. Notate che per non eccitar troppa maraviglia si è avuta l'avvertenza di fare in modo che si vedano da tutti gli spettatori i grossi fili da cui pendono Apollo ed i Genj con Alceste ed Adméto.

Ma a dir vero, mia gentile Amica, non muovono forse più a sdegno che a riso queste difformi rappresentazioni? Dovrà dunque l'Italia, culla delle arti belle, rimaner sempre nella barbarie, mentre altre nazioni si sono slanciate verso la meta della perfezione? Possibile che non il solo popolo, ma la più colta parte de' cittadini esser debba quasi forzata ad assistere a simili spettacoli, che pugnano col buon senso, colla ragione e col gusto? Qual argomento era mai quello dell’Alceste per un ballo tragico, se il compositore degnato si fosse soltanto di consultare Euripide o Alfieri! Quanto interesse avrebbe ispirato e quali lagrime deliziose avrebbe mai fatto spargere l'Alceste! Ma questi son [p. 78 modifica]voti, che l’aura seco si porta. Siamo ben lontani ancora nelle nostre istituzioni sociali da quel perfezionamento, a cui da tanto tempo tendono ì buoni spiriti. Quante sventure ci restano ancora da superare prima di giungere al regno della ragione, e prima che la felicità o almeno il benessere discenda fra i mortali travagliati dall'ignoranza e dall'errore! Ma abbandoniamo così tristo argomento, troppo fecondo se volessi seguire le mie idee.

Questa lettera non mi precederà che di alcune ore. Spero fra due giorni di essere in codesta terra ospitale ed amica. Ho bisogno di respirare un’aria diversa da questa, e voi ben ne sapete la causa. La mia anima anela alla calma dopo le violenti scosse de' piaceri brevi, e de' lunghi affanni sofferti. Dove potrei trovarla questa calma se non vicino a voi, mia affettuosa amica, che foste sempre la fedele depositaria de’secreti del mio cuore? fortunato, se dopo aver percorsa una procellosa carriera, e se dopo aver libati i fiori del piacere nelle regioni della galanteria, del capriccio e delle grandi passioni [p. 79 modifica]trovar potrò io una compagna scelta dal cuore, e ne’ puri piaceri della vita domestica quella felicità, che a lampi soltanto si mostrò finora in alcuno de’ giorni della mia vita; e se circondato da pochi, ma veri amici, seguendo le mie tipografiche intraprese, potrò vedere senza inquietudine accostarsi l’ultimo mio giorno, nella fiducia che non tutto sarò per entrare nella tomba, e che il mio nome esser possa non intieramente dai posteri dimenticato. Addio.

3 Febbrajo.


Note